Caso Cucchi

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Zueni_Manin
view post Posted on 11/11/2009, 09:02




Caso Cucchi, primi indagati
Ieri - 12.46

ROMA - ''Dalle informazioni che abbiamo, confermo la presenza di un testimone del pestaggio di Stefano Cucchi nella cella di sicurezza del Palazzo di Giustizia a Roma. Si tratta di un detenuto''. Lo ha detto ai microfoni di CNRmedia l'avvocato della famiglia Cucchi Fabio Anselmo. L'avvocato ha precisato di attendersi come imminente l'istanza di riesumazione del cadavere per svolgere una nuova autopsia. ''Sappiamo cosa ha visto il testimone, chi sono le persone coinvolte. Ma in questo momento non possiamo dire di piu''', conclude l'avvocato Anselmo.


ROMA - Arrivano i primi indagati per la morte di Stefano Cucchi, avvenuta nell'ospedale Sandro Pertini, a Roma, sei giorni dopo l'arresto per possesso di droga. Gli indagati, accusati di omicidio preterintenzionale, dovrebbero essere carabinieri, agenti di polizia penitenziaria e detenuti. In tutto circa sei persone, che si sarebbero trovate in contatto con Stefano Cucchi nelle camere di sicurezza del Tribunale di Roma. In quel lasso di tempo e spazio dove sarebbe stato isolato l'attimo dell'aggressione: dopo l'udienza che aveva deciso di lasciare in carcere Stefano e prima del suo trasferimento in cella. Tra gli indagati per ora non comparirebbero medici. E oggi approda on-line tutta la documentazione clinica relativa alla vicenda del geometra di 31 anni.

Una documentazione dalla quale si evince che Stefano ''non collaborava'' col personale sanitario e rifiutava i trattamenti. Non solo: per fare luce la salma di Cucchi sara' probabilmente riesumata per consentire il completamento degli esami disposti. Sul cadavere del geometra e' gia' stata fatta l'autopsia. E dai primi esami degli esami clinici e della documentazione autoptica compiuti dai medici legali incaricati dalla procura la tipologia delle lesioni riscontrate sul detenuto sono compatibili sia con un evento accidentale, come potrebbe essere una caduta, sia con le percosse. Al momento dunque non sarebbero coinvolti nelle indagini dei pm Vincenzo Barba e Francesca Loy il personale medico dell'ospedale, nei confronti dei quali, se emergessero responsabilita' a livello di negligenze, si procederebbe per omicidio colposo. Per i legali della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo e Dario Piccioni ''si tratta di uno sviluppo particolarmente significativo e rilevante della delicata indagine in corso''.

Intanto oggi sono stati pubblicati on line sui siti abuondiritto.it, italiarazzismo.it e innocentievasioni.net, tutta la documentazione clinica a partire dal referto del medico del 118 delle 5.30 del 16 ottobre, fino ai diari sanitari del reparto detentivo del Pertini e al certificato di morte del 22 ottobre. Dalla relazione fatta il 21 ottobre scorso dall'ospedale Sandro Pertini emerge che Cucchi presentava ''condizioni generali molto scadute'' e aveva ''un atteggiamento oppositivo, per nulla collaborante e di fatto rifiuta ogni indagine anche non invasiva''. Nella relazione si legge, inoltre, che Cucchi ''ha affermato di rifiutare anche di alimentarsi, accettando di bere liquidi e assumere la terapia orale, finche' non parlera' con il suo avvocato''. Dalla documentazione ''emerge come una moltitudine di operatori della polizia giudiziaria, del personale amministrativo e delle strutture sanitarie, abbiano assistito, inerti quando non complici, al declino fisico di Stefano Cucchi e fino alla morte'', spiega il presidente di A Buon Diritto, Luigi Manconi.

GIOVANARDI, MORTO PERCHE' DROGATO. E' POLEMICA Stefano Cucchi e' morto perche' era drogato e anoressico. Le parole del sottosegretario Carlo Giovanardi riaccendono la polemica sulla morte del giovane, deceduto nel reparto detenuti dell'ospedale Sandro Pertini 6 giorni dopo l'arresto, con vistosi ematomi in volto e sul corpo. Parole contro le quali si scagliano i familiari di Stefano che dal 22 ottobre chiedono giustizia per Stefano, l'opposizione e anche alcuni esponenti della maggioranza, secondo i quali quello di Giovanardi e' uno ''scivolone''. Critiche alle quali il sottosegretario risponde in serata, parlando di ''polemiche strumentali e in malafede''. ''Cucchi era in carcere perche' era uno spacciatore abituale. Poveretto, e' morto, e la verita' verra' fuori, soprattutto perche' pesava 42 chili'' dice Giovanardi di primo mattino, sottolineando che la ''la droga ha devastato la sua vita, era anoressico e tossicodipendente''. Certo, prosegue, ''il fatto che in cinque giorni sia peggiorato'' dimostra che ''bisogna vedere come i medici l'hanno curato. Ma sono migliaia le persone che si riducono in situazioni drammatiche per la droga, diventano larve, diventano zombie: e' la droga che li riduce cosi'''.

Parole ammorbidite nel pomeriggio. ''Sono stato il primo ad esprimere la solidarieta' alla famiglia Cucchi per quello che di certo c'e' nella sua tragica fine e cioe' che nei giorni della degenza ospedaliera si e' permesso che arrivasse alla morte nelle terribili condizioni che le foto testimoniano. Ma in tutto questo - ribadisce il sottosegretario - la droga c'entra, perche' e' stata la causa della fragilita' di Stefano, anoressico e tossicodipendente''. Immediata la reazione dei familiari. ''Sono parole che si commentano da sole, Giovanardi fa dichiarazioni a titolo gratuito'' dicono sia il padre Giovanni che la sorella Ilaria, sottolineando che la famiglia ''e' sempre in attesa di giustizia''. E tra l'altro, prosegue Giovanni Cucchi, e' stata proprio la famiglia ad ammettere, per prima, che Stefano aveva problemi con la droga, ''Non lo abbiamo mai negato - dice - ma non per questo doveva morire cosi'''. Accanto alla famiglia si schiera il Pd, l'Idv. l'Udc e anche parte del Pdl, con Benedetto Dalla Vedova che parla di uno ''scivolone che contraddice la linea di rigore e prudenza scelta dal governo''. ''Se Giovanardi intende riferirsi alle precarie condizioni di salute di Cucchi in quanto tossicodipendente, cosa a tutti nota - prosegue -, dovrebbe ricordare che usare violenza nei confronti di una persona particolarmente debole rappresenterebbe, qualora venisse provato l'uso della violenza, un'aggravante per chi l'ha commessa e non una scriminante''. Per Livia Turco, del Pd, si tratta invece di parole ''inqualificabili'' e aggiunge: ''e' sconcertante che chi esalta il valore della vita in ogni occasione consideri la morte di uno spacciatore un fatto non importante. E' ignobile e inaccettabile arrivare a fare una gerarchia tra vite di serie A e serie B''. Il capogruppo dell'Idv alla Camera, Stefano Donati, chiede le dimissioni del sottosegretario, ''che si dovrebbe vergognare'', mentre per il presidente dei senatori dell'Udc Giampiero D'Alia e per il senatore Stefano Pedica, che dall'inizio della vicenda e' vicino ai familiari di Cucchi, ''Giovanardi ha perso una buona occasione per tacere''. ''Non si puo' fare sterile propaganda politica su un ragazzo morto per circostanze ancora tutte da chiarire''. Critiche anche dal presidente della provincia di Roma Nicola Zingaretti - ''smentisca quelle frasi disumane - dice - Prima di emettere giudizi finali e' assolutamente necessario aspettare i risultati dell'inchiesta'' -, dai radicali, che bollano Giovanardi come ''ipocrita e proibizionista'' e dal segretario dei Verdi Angelo Bonelli, secondo il quali le sue parole ''non sono degne di un paese civile''. Patrizio Gonnella, di Antigone, chiede invece al sottosegretario ''se picchiare chi usa droghe e' lecito''. ''Soprassedere sulle violenze, sui diritti calpestati e su quanto caduto in quei sei giorni e dare tutta la colpa alla droga - conclude - e' quanto meno singolare''.

A tutti replica Giovanardi. ''Quando si polemizza - dice - bisogna avere onesta' intellettuale e non malafede pregiudiziale. Ho ampiamente illustrato la mia posizione di piena solidarieta' alla famiglia Cucchi e di forte critica per la mancata assistenza nelle strutture sanitarie''. E' dunque ''difficile dialogare con chi stravolge maliziosamente il pensiero altrui. Ma mi rendo contro - conclude - che nel nostro paese c'e' sempre qualcuno pronto a sostenere la liberta' di drogarsi anche deformando ad arte le posizioni di chi la pensa in maniera diversa da loro''. (ANSA)
 
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Zueni_Manin
view post Posted on 4/12/2009, 10:30




Per la morte di Cucchi
nessun responsabile
Stefano Cucchi, geometra morto dopo l'arresto e la detenzione, aveva 33 anni

La polizia penitenziaria “assolve” i suoi agenti
FULVIO MILONE
ROMA
«E ora ci dicono che, oltre i medici, neanche gli agenti di custodia hanno colpe. E’ grottesco, Stefano non è morto certo di vecchiaia...».Si lascia scappare una battuta amara Fabio Anselmo, l’avvocato della famiglia Cucchi.

Qualche motivo per dirsi «perplesso» ce l’avrà pure, vista l’ultima novità della brutta storia che ha per protagonista e vittima Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre dai carabinieri per droga, pestato a sangue il giorno dopo nelle camere di sicurezza del Palazzo di Giustizia di Roma e morto sette giorni dopo nel reparto dei detenuti dell’ospedale «Pertini». Il problema è che le indagini amministrative condotte dagli organismi da cui dipendono i sei indagati (tre medici indiziati di omicidio colposo e tre guardie penitenziarie sospettate di omicidio preterintenzionale) si stanno concludendo con una raffica di sostanziali «assoluzioni», piene o per «insufficienza di prove», a inchiesta giudiziaria ancora in corso.

Dopo l’Asl che ha scagionato i medici, ieri è toccato al Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) comunicare l’esito dei suoi accertamenti. In una relazione inviata alla procura della repubblica, gli «investigatori» del Dipartimento non giungono ad alcuna conclusione certa sull’operato degli agenti indagati. Tanto basta, però, per consentire al capo del Dap Franco Ionta di scagionare le guardie penitenziarie: «Le risultanze hanno rilevato fin qui l’assenza di responsabilità da parte degli agenti».

I magistrati, però, sembrano decisi a proseguire per la loro strada: per loro l’indagine amministrativa del Dap, come del resto quella dell’Asl che quattro giorni fa ha scagionato i medici indagati definendo «imprevista e inaspettata» la morte di Stefano, non modificano più di tanto il quadro indiziario che si sta delineando. Franco Ionta annuncia anche una piccola «rivoluzione» nella «gestione dei detenuti» a Piazzale Clodio: «Sto valutando di ritirare il personale di polizia penitenziaria dalle celle del Tribunale dove tali persone vengono detenute».

In altre parole, degli arrestati in attesa delle udienze di convalida si occuperanno solo coloro (carabinieri, polizia o chi altro) che hanno eseguito il fermo nelle 24 ore precedenti. Sarà più umano anche il trattamento dei detenuti ricoverati al «Pertini». Come dice il senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione parlamentare sull’efficienza del sistema sanitario, «il Dap ha deciso che, nel caso che i familiari di un detenuto si presentino al reparto protetto dell’ospedale “Pertini” in cerca di informazioni, la polizia penitenziaria deve avvertire il personale medico per un colloquio».

Una possibilità, questa, che non fu data ai genitori e alla sorella di Stefano. Ma torniamo all’inchiesta giudiziaria sul pestaggio e sulla morte di Cucchi. I magistrati sembrano convinti più che mai che l'aggressione nel Palazzo di giustizia ci sia stata, e che i responsabili sono i tre agenti di custodia. Hanno dalla loro la testimonianza di un altro detenuto, S.Y, immigrato del Gambia, che, anch’egli rinchiuso in una cella del Tribunale, dice di aver sentito il rumore dei pugni e dei calci e di aver visto subito dopo le guardie che trascinavano Cucchi in camera di sicurezza.

E altre persone arrestate, che si trovavano a Piazzale Clodio il 16 ottobre, confermano quel racconto. Piuttosto non credono, i magistrati, a un altro testimone, un detenuto che giorni fa ha consegnato una lettera in cui affermava di aver sentito dire da Stefano che gli autori del pestaggio erano carabinieri. In realtà non sarebbe stato lui a scrivere la lettera: un altro mistero che si aggiunge a quello della morte di Cucchi.
 
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volagrifo
view post Posted on 21/12/2009, 14:26




Il 32enne, nigeriano, potrebbe essere "il negro" citato in un audio
che testimonia di un presunto pestaggio compiuto dalle guardie penitenziarie
Teramo, muore in cella il detenuto
che avrebbe assistito al pestaggio

Incerte le cause del decesso, si attendono i risultati dell'autopsia



Detenuti in carcere

TERAMO - "Abbiamo rischiato una volta perché il negro ha visto tutto. Un detenuto non si massacra i n sezione, si massacra sotto...". Queste le parole registrate all'interno di uno degli uffici degli agenti di polizia del carcere di Castrogno a Teramo. Parole che raccontano di un pestaggio ai danni di un detenuto e dei timori che qualcuno avesse visto e potesse parlare. Un audio, pubblicato da Repubblica.it, che all'inizio di novembre fece scoppiare un caso e portò alla sospensione del comandante delle guardie penitenziarie.

ASCOLTA L'AUDIO

Adesso, una notizia riporta quel carcere all'attenzione delle cronache. La morte, cioè, di Uzoma Emeka, 32 anni, di nazionalità nigeriana, deceduto nel carcere di Teramo due giorni fa. Per molti, "il negro" citato nella registrazione, anche se davanti ai magistrati che lo hanno ascoltato, finora ha sempre risposto con dei "non ricordo".

Non sono ancora chiare le cause del decesso dell'uomo. I primi riscontri fanno pensare a cause naturali. Si attendono i risultati dell'autopsia disposta dall'autorità giudiziaria. Sulla morte di Emeka è stato aperto un fascicolo dalla Procura di Teramo.

Da verificare, soprattutto, che non vi siano stati ritardi nei soccorsi prestati all'uomo. Emeka avrebbe accusato un malore intorno alle 8.30 di venerdì scorso, all'interno della sua cella (dove stava scontando due anni per droga), e le guardie carcerarie lo avrebbero condotto in infermeria. Sottoposto alle prime cure, si sarebbe aggravato nelle ore successive. Vista la gravità delle sue condizioni, le guardie avrebbero chiamato il 118. Ma era già troppo tardi.


Finora sono sei le persone indagate per il presunto pestaggio del quale parlerebbe la registrazione, e che sarebbe stato compiuto lo scorso 22 settembre. Si tratta dell'ex comandante Giuseppe Luzi - sospeso dal suo incarico - di quattro agenti di polizia penitenziaria e del detenuto vittima del pestaggio, un italiano, iscritto nel registro degli indagati perché, secondo gli agenti, sarebbe lui l'aggressore. Abuso e lesioni le ipotesi contestate.

(21 dicembre 2009)
 
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2 replies since 11/11/2009, 09:02   96 views
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