| Ragazzi, se volete salvarvi non fate quella faccia di Mauro Barberis > > Un aggiornamento per i quattro lettori che seguono il caso di Stefano > Cucchi: il geometra romano trentunenne ammazzato in carcere a Roma, dopo > essere stato arrestato e processato per direttissima per il possesso di > venti grammi di marijuana. Non sono più indagati solo i carabinieri e le > guardie carcerarie, per omicidio preterintenzionale, ma anche i medici che > avrebbero dovuto curarlo, questi per omicidio colposo. > Stranamente, non risulta che i tanti difensori nostrani della vita e del > crocifisso - quelli che volevano imporre l'idratazione forzata a Eluana > Englaro, in stato vegetativo da diciassette anni - abbiano speso una sola > parola per questo autentico Cristo in croce, che avrebbe potuto essere > salvato, forse, semplicemente dandogli da bere. > Non so voi, ma dinanzi a tutto questo ho pensato immediatamente ai miei > figli (io ne ho due) i quali, nella loro beata ignoranza, credono di > vivere in un Paese civile, e pensano di poter andare in giro liberamente, > senza prendere precauzioni. Evidentemente, non è così: per fare un solo > esempio, il nostro Paese - forse come effetto dell'ormai lontano G8 > genovese -è uno dei pochi che non ha mai recepito il reato di tortura, > fregandosene delle convenzioni internazionali. Noi ci accontentiamo di > molto meno: fingiamo di perseguire l'immigrazione clandestina benché, se > lo facessimo davvero, le nostre carceri esploderebbero definitivamente; > peggio ancora, autorizziamo le ronde, o meglio le autorizzeremmo se sin > qui le richieste pervenute non fossero solo sei. > Comunque sia, come padre e come giurista, credo di dover rivolgere qualche > consiglio ai nostri ragazzi: un po' per celia, e un po' per non morire. > Primo consiglio, curare maggiormente l'aspetto fisico; smettetela di > girare con i capelli lunghi e i vestiti stracciati: qualche naziskin > annoiato potrebbe scambiarvi per clochard e metter subito mano alla tanica > di benzina. In particolare, sforzarsi di non somigliare a immigrati: pare > che Federico Aldrovandi - il diciottenne ferrarese ammazzato nel 2005 da > quattro poliziotti, poi condannati in primo grado a tre anni e mezzo di > carcere, senza scontare un giorno - avesse la colpa di somigliare a un > albanese; lo stesso Cucchi forse sarebbe ancora vivo, se qualcuno si fosse > preso la briga di accertare che lavorava e abitava con la famiglia. > L'ideale, dunque, sarebbe girare in giacca e cravatta, come un > narcotrafficante colombiano; ma forse basta anche un look strafottente, > alla Fabrizio Corona: tutto, purché non sembrare un povero cristo, l'unico > soggetto davvero a rischio. Naturalmente, evitate di andare in giro con > medicine o polverine, subito scambiate per stupefacenti; se poi uno ha > malattie, come il povero Cucchi, e deve girare con farmaci salvavita, > allora è meglio che se ne stia a casa. > In ogni caso, guai a uscire senza documenti o, peggio, con carte di > identità munite di quelle foto-tessera da macchinetta che conferirebbero > un aspetto patibolare anche a Don Bosco; oltretutto, in caso di decesso, i > giornali pubblicano subito la fototessera, sicché il malcapitato si gioca > anche qualsiasi possibilità di riabilitazione. > Ma soprattutto, benedetti ragazzi, mai uscire di casa senza il numero di > telefono di un avvocato di fiducia o, meglio ancora, di un parlamentare > amico: l'unico che abbia il diritto di venirvi a trovare in carcere se > cadete dalle scale, un'eventualità che fuori è statisticamente > inesistente, mentre in galera pare sia abbastanza comune. > Infine, se proprio va tutto storto, e vi beccano senza numeri di telefono > o documenti, toglietevi dalla testa di fare gli eroi. Confessate subito > tutto ciò che vi chiedono di ammettere, anzi dichiaratevi pentiti e > disposti a collaborare; denunciate immediatamente i complici, anche se non > li avete mai visti né conosciuti, purché siano abbastanza ricchi e potenti > da fare colpo sugli inquirenti. Poi aspettate fiduciosi la scarcerazione: > dopotutto, siamo o non siamo uno Stato di diritto? > > Mauro Barberis è professore ordinario di filosofia del diritto > all'Università di Trieste.
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