CITAZIONE (disorder @ 22/10/2007, 20:31)
che schifo..è successo 11 giorni fa..qualcuno ha sentito qualche tg parlarne?
SVILUPPI INQUIETANTI. Muore in cella Mistero sulle lesioni interne. Scatta l’indagine ma è blindata.
QUELLO che filtra dall’autopsia getta una luce inquietante sulla morte di Aldo Bianzino, 44 anni, arrestato per coltivazione e spaccio di droga. Aveva in casa le piantine di hashish: 110 per la precisione. Ed è morto misteriosamente in una cella del carcere di Capanne, a Perugia. I brandelli di una verità tutta da decifrare parlano però di lesioni massive al cervello, di altre lesioni all’addome e forse, addirittura di un paio di costole rotte. All’esterno però il corpo dell’uomo, sottoposto martedì all’esame autoptico dal dottor Luca Lalli, non avrebbe evidenziato ematomi o contusioni. Niente che potesse far pensare ad un decesso che, pian piano che passano le ore, sembra difficilmente sovrapponibile con un problema cardiaco. Come si era detto inizialmente. La tensione è alle stelle. Nessuno vuole parlare del giallo che avvolge la morte di Bianzino ma sembra che il pubblico ministero Giuseppe Petrazzini, titolare dell’indagine che aveva portato l’uomo in cella, insieme alla compagna per la coltivazione dell’hashish, voglia fare luce attorno all’accaduto. Potrebbe per questo aver già deciso di affidare alcuni accertamenti investigativi per ricostruire con esattezza le ultime ore di vita di Bianzino. Era stato bloccato venerdì dagli uomini del commissariato e poi trasferito nel penitenziario di Perugia. Lì domenica all’alba — quando il giorno dopo sarebbe dovuto essere interrogato dal gip per la convalida dell’arresto —, è stato trovato morto. Era disteso sul letto a castello. Occupava il posto di sopra ma non si sa se in cella con lui ci fosse qualcun’altro. Per l’autopsia l’avvocato Cristina Di Natale che assiste la ex moglie di Bianzino (ad essere stata arrestata era la seconda compagna ndr.) insieme all’avvocato Donatella Donati aveva nominato il dottor Walter Patumi, come consulente di parte. Ma anche sul fronte legale le bocche restano cucite. Ancora sembra una vicenda tutta da chiarire. ANCHE se in paese ‘Le Capanne’, una frazione di Pietralunga dove viveva i mormorii di amici e conoscenti sembrano assordanti e nessuno si riesce a spiegare come sia potuto accadere. Amici e parenti aspettano anche che la magistratura restituisca il corpo. Per Bianzino nessuna cerimonia religiosa perché l’uomo faceva parte di una religione indù ed era seguace della divinità indiana Babaji. Tanto che gli amici stanno facendo una colletta pe trovare il denaro necessario per cremarlo.
Una domenica come un’altra un uomo di 44 anni viene trovato morto nel carcere di Perugia. C’è stato trasferito due notti prima, venerdì 12 ottobre, dopo che la polizia lo ha arrestato con la sua compagna. Gli avrebbero trovato in casa, la famiglia di Aldo Bianzino abita nella campagna di Città di Castello, una piccola piantagione con diversi fusti di marijuana.
I due vengono trasferiti a Perugia e da lì al carcere. Sabato il legale d’ufficio incontra Aldo alle 14 e riferisce a Roberta, la compagna, che Bianzino sta bene e si preoccupa per lei. Ma la mattina seguente Daniela, un’amica di famiglia, viene avvisata di correre la carcere in tutta fretta. "C’è un problema", le dicono. Il problema è che Aldo non respira più e Roberta, in evidente stato di choc, non ha nemmeno potuto vedere il suo corpo.
Le indagini autoptiche (ancora in corso) cominciano a confermare, qualche giorno dopo, quel che tutti già pensano nella piccola comunità di amici di Aldo e Roberta. Le voci raccolte dalla stampa locale parlano di lesioni massive al cervello e all’addome, forse, un paio di costole rotte anche se all’esterno il corpo di Aldo non evidenzierebbe ematomi o contusioni. Ce n’è abbastanza però per far saltare la prima lettura del decesso, liquidato come un problema cardiaco.
La storia di Aldo Bianzino ha contorni dunque che è poco definire oscuri e la procura di Perugia ha deciso di aprire un’indagine sul decesso affidata nelle mani dello stesso pubblico ministero, il magistrato Giuseppe Petrazzini, titolare dell’inchiesta che aveva portato all’arresto di Aldo e di Roberta. Che sta aspettando i risultati definitivi dell’autopsia.
Tutto comincia dieci giorni fa. Aldo è nella sua casa di Capanne, una frazione di Pietralunga, poco distante da Città di Castello, quando uomini della squadra mobile della cittadina umbra perquisiscono giardino e casa e lo portano in carcere a Perugia con l’accusa di detenzione illegale di stupefacenti. Accuse pesanti: nella conferenza stampa delle forze dell’ordine si parla di 110 piantine di hashish, una metà in giardino e una parte già raccolta, insieme a 15 involucri contenenti erba. Rivelazioni che lasciano increduli quanti conoscevano Aldo da tempo e che non ritengono possibile che l’uomo coltivasse hashish per poi rivenderlo.
Bianzino avrebbe dovuto incontrare il gip che segue le indagini il lunedì successivo per la conferma dell’arresto. Ma all’appuntamento col gip non arriva. E non è chiaro se in cella fosse solo o in compagnia di un altro detenuto. "Ufficialmente era solo - dice l’avvocato incaricato dalla famiglia Massimo Zaganelli - perché la procedura richiede l’isolamento prima dell’incontro col gip".
Sulla salute dei due indagati al momento dell’arresto Zaganelli non ha dubbi: "Furono portati in carcere in perfetta salute e durante il viaggio non fu torto loro un capello". I dubbi iniziano dopo: "Per quel che sappiamo il decesso è riconducibile a un trauma ma non a un trauma accidentale" che rimanda quindi "alla responsabilità di terzi". L’avvocato resta prudente: "Non è bene in questi casi fare due più due quattro e abbiamo piena fiducia nella magistratura che, ne siamo certi, sta facendo il suo lavoro".
Lavoro intanto che aspetta i risultati definitivi delle prove autoptiche sulla materia cerebrale di Aldo: l’entità cioè del trauma al cervello. La famiglia non potrà rivedere il corpo di Aldo prima di fine settimana. Il mistero per giorni è rimasto confinato nelle cronache locali dei pochi giornali che, come la Nazione, hanno provato a ricostruire la storia di Bianzino.
E sono molti gli interrogativi al momento senza risposta considerando che, dal giorno della conferenza stampa della polizia, non sono state rilasciate dichiarazioni ufficiali e ancora resta ancora da chiarire se, al momento della morte, Bianzino fosse solo nella cella dove è stato trovato. Nella frazione di Pietralunga il clima è sempre più teso e il dolore degli amici si mischia allo sgomento della famiglia che resta ancora in attesa di potere vedere la salma.