TO PROTECT AND SERVE..., Per cortesia nessun commento solo articoli e notizie "ufficiali"

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Pitote
view post Posted on 21/8/2007, 08:05




«Ho vendicato mia madre e i miei fratelli»

La confessione schock del poliziotto a Vaduz
Niente estradizione e processo in Liechtenstein


MERANO. «Era un padre che meritava solo di morire»: ha iniziato così la sua confessione ai colleghi della Gendarmeria di Vaduz Stefan Linter, il poliziotto di 39 anni del Liechtenstein che sabato pomeriggio ha ucciso il padre Robert, di 65 anni, nella sua casa di Tarces sparando 5 colpi dalla pistola d'ordinanza, quattro dei quali hanno raggiunto e freddato la sua vittima. Poi il racconto si fa drammatico quando ricorda le percosse e le angherie subite assieme al fratello Simon ed alla mamma prima che i genitori divorziassero. Dunque un omicidio premeditato, e a lungo.
I contenuti della confessione del parricida sono stati resi noti ieri dal procuratore capo di Bolzano Cuno Tarfusser e dal suo sostituto Benno Baumgartner che sta seguendo l'indagine assieme al capitano Marco D'Addato, comandante della compagnia carabinieri di Silandro. «Il racconto del reo-confesso che stiamo verificando in ogni suo passaggio riscontrando ogni sua affermazione - hanno sostenuto gli inquirenti - fa emergere una situazione familiare davvero drammatica e segnata da violenze ricorrenti nei confronti della moglie e dei due figli della vittima. Ha raccontato di essere cresciuto in una condizione fortemente condizionata dal padre-padrone e dalle sue continue violenze domestiche - parlando anche di riti satanici di magia nera che però sono tutti da verificare - tanto da essere stato spinto anche a pensare al suicidio. Poi invece è prevalsa in lui la voglia di vendetta che ha armato la sua mano». «A questo punto la sua ricostruzione - ha sintetizzato il sostituto Baumgartner - è solo una gelida sequenza, quasi meccanica, delle sue azioni: ha passato una notte insonne, poi sabato mattina si è recato alla stazione di polizia dove lavora e ha ritirato la pistola d'ordinanza (una calibro 9 parabellum) caricandola con otto colpi, si è messo in macchina per raggiungere Tarces nel primissimo pomeriggio di sabato; lì si incontra con il padre, prende un caffè con lui e poi con una scusa lo porta in cantina dove gli spara una sequenza di 5 colpi quattro dei quali lo raggiungono uccidendolo sul colpo; a quel punto abbandona l'arma ancora con tre colpi nel caricatore, si rimette in macchina e torna a casa in Liechtenstein dove, dopo aver telefonato al fratello Simon avvertendolo di quanto aveva fatto, verso le 18, sempre di sabato, si costituisce ai colleghi della Gendarmeria».
Insomma emerge un quadro familiare fatto di anni e anni d'inferno che avrebbero riscontro anche nell'incartamento della procedura di divorzio dei coniugi Linter a seguito del quale la vittima aveva poi fatto ritorno prima nella sua Mazia e poi a Tarces dove aveva acquistato e ristrutturato una casa subito fuori dal paese.
Come ipotizzato già ieri tuttavia il poliziotto parricida, che è in possesso come tutta la sua famiglia emigrata da decenni nel Principato della doppia cittadinanza in Italia e in Liechtenstein, non verrà estradato in Italia per essere processato dalla giustizia italiana.
«Sotto questo profilo devo sottolineare la piena e fattiva collaborazione con i colleghi di Vaduz - ha sottolineato il procuratore Tarfusser - ma credo che il Linter verrà processato e, se ritenuto responsabile dell'omicidio, incarcerato in Liechtenstein. Lui stesso per altro, e ciò confermerebbe ulteriormente la premeditazione del suo gesto tragico, ha dichiarato di aver scelto di tornare a casa a Triesenberg per essere processato a Vaduz e scontare la prevedibile pena in quel carcere e non in Italia». Ieri intanto la magistratura del Principato ha messo sotto sequestro il fuoristrada usato dall'omicida per il suo viaggio di sangue Vaduz-Tarces-Vaduz.

Orfeo Donatini
 
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Pitote
view post Posted on 24/8/2007, 16:22




SMS porno, agente della polizia finisce sotto inchiesta

Un agente della polizia comunale di Lugano sarebbe finito sotto inchiesta per aver spedito sms e foto pornografiche ad una collega poliziotto.



LUGANO - La Magistratura ticinese ha aperto un'inchiesta penale nei confronti di un agente della polizia comunale di Lugano, sospettato di abuso di un impianto telefonico. In sostanza l'uomo avrebbe inviato sms e foto porno ad una collega poliziotto. La vicenda è finita sulle pagine de laRegioneTicino, che ne dà notizia oggi.
Sul caso vige il più stretto riserbo. Il procuratore pubblico Bruno Balestra ha tuttavia confermato di aver aperto un'inchiesta penale. I messaggini dal contenuto osceno sarebbero stati spediti nell'arco di diversi mesi, tra l'autunno del 2006 e l'inizio di quest'anno.

Oltre all'inchiesta penale, la polizia ha pure avviato un'inchiesta amministrativa interna. Nel frattempo l'agente di polizia di Lugano è stato sospeso dalle proprie funzioni.




Luganese
 
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Pitote
view post Posted on 28/8/2007, 20:11




Marsala: condannato un finanziere violento

Il tribunale militare di Palermo ha condannato a 6 mesi di reclusione (pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario) un maresciallo della Guardia di finanza, Andrea Signorello, in servizio presso la Compagnia di Marsala. Il sottufficiale è stato processato per violenza, minaccia e ingiuria ai danni di un inferiore in grado, l'appuntato Alberto Catalanotti, un anno fa.

Il diverbio tra i due militari ebbe origine a seguito di un ordine non eseguito. Il difensore del maresciallo condannato, l'avvocato palermitano Alberto Raffadali, ha comunque già preannunciato appello alla sentenza. "Il mio cliente - ha dichiarato il legale - ha soltanto replicato ad una pesante offesa subita".

In pratica, l'appuntato gli avrebbe dato del 'mafioso'. Il tribunale militare, però, ha tenuto conto soltanto di quanto affermato in aula dai tre militari ascoltati come testi d'accusa e non di quanto hanno detto altri tre colleghi del mio assistito, intervenuti in sua difesa. Un perito, inoltre, ha stabilito che le tre dichiarazioni scritte firmate dai tre militari testi d'accusa presentano forti analogie sul piano della scrittura.
 
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disorder
view post Posted on 29/8/2007, 20:07




Ayala: diedi a un colonnello la valigetta di Borsellino
La borsa venne rimessa nell’auto, ma sparì l’agenda. Oggi interrogato l’ex pm. Caso riaperto grazie a un video
di Felice Cavallaro
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Confronto incrociato oggi a Roma sul mistero dell’agenda rossa di Paolo Borsellino sparita nel giorno della strage di via D’Amelio. Saranno imagistrati
di Caltanissetta a interrogare in trasferta il colonnello Gianni Arcangioli, attuale comandante del nucleo operativo dei carabinieri di Roma, e Giuseppe Ayala, il parlamentare del centrosinistra che il 19 luglio del ’92 si ritrovò nel teatro della strage poco dopo l’esplosione. Si riapre una pagina oscura perché in quell’agenda dalla copertina rossa, omaggio dell’Arma, Borsellino annotava ogni dettaglio sulle trame che avevano portato alla strage di Capaci, all’intreccio tra mafia e politica, affari e servizi deviati, come ritengono il procuratore di Caltanissetta Francesco Messineo e l’aggiunto Renato Di Natale. Di certo c’è solo che l’agenda fu
sottratta da qualcuno e fatta sparire dalla borsa in pelle lasciata da Borsellino sotto il sedile posteriore della Croma blindata, dietro la poltrona dell’autista. Come dimostrerebbero la fotografia ritrovata per caso da un fotoreporter palermitano e un video da alcune settimane acquisito agli atti, di certo c’è solo che quella borsa fu portata via per un po’ proprio da Arcangioli, allora giovane capitano, in camicia, il distintivo dorato dell’Arma sul petto. Di certo c’è solo che fu ritrovata da un assistente di polizia due ore dopo la strage all’interno della blindata.
Un dettaglio finora ignorato da inchieste e processi. Un dettaglio che sorprende soprattutto l’onorevole Ayala, fraterno amico di Falcone e Borsellino. Perché era stato lui a consegnare la borsa ad un colonnello dei carabinieri in divisa. Borsa che un uomo in abiti borghesi, probabilmente un agente o un carabiniere, aveva tirato fuori poco prima dalla Croma di Borsellino, come dirà oggi Ayala ai suoi colleghi di Caltanissetta e come ricostruiva ieri: «Arrivai sul posto subito dopo l’esplosione perché abitavo lì a due passi. Fui il primo a riconoscere il corpo di Paolo, nel giardinetto del palazzo. Poi mi trovai di fronte qualcuno che mi porgeva la borsa. La riconobbi. Ma non potevo tenerla. Non avevo titolo. Non ero più pm. Vidi di fronte ame un ufficiale dei carabinieri in divisa e la passai a lui, certo di trasferirla in buone mani...». Ma a questo punto la borsa fa un giro misterioso mai registrato
agli atti. Perché, come si scopre adesso, ufficialmente la borsa viene ritrovata da un assistente di polizia quasi due ore dopo la strage all’interno della blindata. Con l’assistente che la consegna ai suoi superiori portandola nella questura allora diretta da Arnaldo La Barbera dove viene inserita fra i reperti sotto sequestro. Tutto come se quell’ufficiale del quale Ayala ormai non ricorda nemmeno la fisionomia avesse riposto la borsa dov’era. Un buco nero. Una contraddizione archiviata fra i misteri di Palermo. Senza soluzioni. E forse non se ne sarebbe parlato più se un fotografo, controllando l’archivio, non avesse recuperato lo scatto su Arcangioli che s’allontana con la borsa. Gliel’aveva data l’ufficiale che aveva rassicurato Ayala? Dove la portava?L’ha aperta? Come è tornata dentro l’auto blindata? Sono alcune delle domande obbligate di un’inchiesta che riparte dopo tre processi. Anche su indicazione della Procura nazionale di Piero Grasso con obiettivo i «mandanti esterni», quelli «a volto coperto».
 
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Ufficio Sinistri
view post Posted on 31/8/2007, 15:41




Pirati in divisa

In coma una giovane ragazza travolta dalla folle corsa di un'auto della Digos.

Lotta ancora tra la vita e la morte la ragazza di 26 anni travolta, ieri pomeriggio, da un'auto della Digos della Polizia. I sanitari del policlinico non hanno sciolto la prognosi.

Rimangono gravissime le condizioni di U.G., 26 anni, ricoverata al reparto di Rianimazione del Policlinico.

Ieri pomeirggio, dopo le 14, la donna stava attraversando la strada sulla via Garibaldi; un'auto della sezione Digos della Polizia di Messina, stava percorrendo la corsia preferenziale quando, per cause ancora in corso d'accertamento da parte delle Volanti e della Polizia Municipale, è avvenuto il forte impatto.

Subito sul posto il mezzo del 118 che l'ha immediatamente trasportata in ospedale.

Questa mattina i sanitari non hanno ancora potuto sciogliere le prognosi: la giovane donna lotta tra la vita e la morte.



 
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Pitote
view post Posted on 11/9/2007, 11:41




Tra gli indagati anche tre ex-impiegate dell'ufficio immigrazione
Falsi permessi per 500 immigrati
Regolarizzazioni abusive: fino a 10mila euro per un documento della Prefettura. Nei guai un poliziotto e un'avvocatessa

Sicurezza zero. Sono ben 499 gli stranieri che, secondo i primi risultati di meno di tre mesi di indagini della procura, risultano aver «comprato» il diritto di vivere in Italia versando bustarelle da 6 a 10 mila euro ciascuno, per ottenere carte false con tutti i timbri e sigilli in apparenza validi della prefettura di Milano. La prima fase dell'inchiesta sulle regolarizzazioni abusive di immigrati in realtà clandestini si è chiusa con una richiesta di «giudizio immediato» che chiama in causa nove imputati: tre impiegate che fino al luglio scorso, quando sono scattati i primi arresti, lavoravano per la prefettura con contratti interinali; e sei intermediari, tra cui il convivente della principale accusata, un poliziotto e un'avvocatessa.

Secondo le indagini della polizia giudiziaria della Procura, coordinate dai pm Alfredo Robledo e Ada Mazzarelli, gli stranieri pagavano da 6 a 10 mila euro per ottenere documenti validi per l'Italia, che in realtà erano falsificati dall'interno della stessa prefettura, truccando anche l'archivio informatico. Gran parte dei soldi, secondo l'accusa, restavano nelle tasche degli intermediari, quattro italiani e due egiziani. Alle tre impiegate finiva circa un decimo dell'incasso: da 500 a 1000 euro a pratica. Gli intermediari erano specializzati per nazioni: i cinesi dovevano pagare 10 mila ciascuno, gli egiziani seimila. E l'inchiesta continua. Questi primi 499 casi per cui la procura ritiene acquisita la «prova evidente » già dopo i primi tre mesi di indagini, sono divisi in due categorie: «non meno di 319 lavoratori extracomunitari », secondo l'atto d'accusa, avevano ottenuto all'estero i nulla osta per l'ingresso in Italia che ora risultano contraffatti; mentre «non meno di 180» stranieri già residenti a Milano hanno qui beneficiato di permessi di soggiorno provvisori (in attesa della definitiva sanatoria) altrettanto falsi. Per i nove imputati che ora rischiano il giudizio immediato l'accusa più grave è il traffico di immigrati clandestini, che si aggiunge al falso, truffa e peculato (cioè il furto di un vero sigillo della prefettura, che è stato sequestrato).

Tra i reati ipotizzati manca la corruzione, perché le tre terminaliste formalmente non sono impiegate dello Stato, ma dipendenti esterne. Una delle tre impiegate e il suo convivente italiano sono considerati gli organizzatori del sistema e accusati di tutte e 499 le presunte falsificazioni. La donna risponde anche di calunnia, per aver tentato di scaricare colpe proprie su una complice. Il poliziotto e l'avvocata sono imputati di aver aver regolarizzato «non meno di 90» nordafricani: dopo aver ricevuto «4 mila euro a pratica» da un intermediario egiziano, ora latitante, ne avrebbero girati 80 mila alla principale terminalista e al suo convivente, intascando il resto. L'inchiesta prosegue e ha già coinvolto almeno altre dieci persone. Dei nove ormai imputati, tre sono ancora detenuti. Altri hanno confessato e potrebbero risarcire e patteggiare.
Paolo Biondani
11 settembre 2007
 
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MorrisGarage
view post Posted on 12/9/2007, 07:49




La ragazza è rimasta incinta
Violenza su minorenne, in manette poliziotto L'uomo di 54 anni, in servizio al Commissariato di Castellammare del Golfo (Trapani) è stato incastrato dal test del Dna

PALERMO - Avrebbe abusato di una ragazzina di 13 anni, che è rimasta incinta. Con l'accusa di violenza sessuale i carabinieri della Compagnia di Alcamo hanno arrestato un assistente capo della Polizia di Stato. L'uomo di 54 anni, in servizio al Commissariato di Castellammare del Golfo (Trapani) sarebbe stato incastrato dal test del Dna. I fatti risalirebbero all'inizio dell'estate.

11 settembre 2007


 
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MacLucky
view post Posted on 18/9/2007, 22:31





Studente fulminato a forum di Kerry
Usa,troppo prolisso: polizia lo punisce

Fa forse una domanda di troppo, si prolunga al microfono togliendo spazio agli altri. O, più probabilmente, le sue sono domande scomode. Niente di delinquenziale però. Fatto sta che durante un forum dell'ex candidato alle presidenziali Usa John Kerry, uno studente è stato fulminato con una pistola elettro-shock taser dagli agenti intervenuti per allontanarlo dalla sala. Tra lo sgomento e l'incredulità del pubblico.

VIDEO: http://it.youtube.com/watch?v=tCBcOQkUNjI
 
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Grigoa
view post Posted on 21/9/2007, 08:47




Off Topic...(ma neanche troppo...)
CITAZIONE
Burlando contromano in autostrada

Niente multa per il governatore ligure

Ha percorso poco più di un chilometro contromano in autostrada. Al volante non c'era un alcolista e nemmeno un anziano distratto, ma nientemeno che il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando. L'ex ministro dei Trasporti si è fermato dopo una corsa contromano che poteva provocare danni seri e alla polizia ha mostrato il tesserino scaduto da deputato. Gli agenti lo hanno lasciato andare senza alcuna multa.


In un momento in cui si parla dei privilegi della politica e dei suoi costi, la vicenda del govenatore della Liguria potrebbe gettare altra benzina sul fuoco. Burlando stava dirigendosi verso il mare sull'autostrada di Genova. Forse per una distrazione ha imboccato la corsia sbagliata e si è trovato a percorrere contromano più di un chilometro, schivando diverse automobili. Subito sono arrivate alla polizia molte telefonate da parte degli automobilisti schivati dal presidente della Regione, che dopo la corsa si è fermato.

In quel momento è sopraggiunta la polizia stradale che ha avvicinato l'ex ministro. Burlando ha subito mostrato il tesserino da deputato, per altro scaduto da almeno due anni. Non c'è stato bisogno di mostrare la patente di guida perché, a quanto si apprende, gli agenti hanno lasciato andare il governatore senza contestargli alcuna infrazione stradale. Pare che l'ex ministro, pur avendo amesso le sue responsabilità, l'abbia passata liscia perché fermato dopo l'infrazione e non colto sul fatto. Resta la rabbia degli altri automobilisti che hanno subito avvertito le polizia e che forse si attendevano almeno che all'ex sindaco di Genova venisse data una multa.

fonte TGcom.

 
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Grifoni*Ovunque
view post Posted on 25/9/2007, 09:06




Police Kill Man in North Oakland

At 4:45PM on September 20th, a police officer shot and killed a man on the street in North Oakland. Gary King, age 20, had just exited a store on the corner of 54th street and MLK. Apparently an Oakland police sergeant approached him for questioning. The details of what happened next are unclear, but it seems that it involved the officer using a taser. King pulled away and it appears that during his attempt to flee, the officer shot him twice in the back.

A swarm of police cars (including helicopters) arrived on the scene very quickly, but it was a number of minutes before an ambulance arrived. In the meantime, one officer appeared to be performing CPR. Gary King reportedly died at the hospital a short time later. Police on the scene dealt somewhat roughly with bystanders, including relatives of Mr King.

Someone spray-painted "Police did this" on one of the BART support columns on MLK at 54th. A memorial with candles and personal items is set up at the place where the shooting occurred

Edited by Grifoni*Ovunque - 25/9/2007, 10:11
 
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Pitote
view post Posted on 25/9/2007, 09:09




Traduceva testi che contenevano segreti industriali. Arrestato per schiamazzi
Dopo due giorni di detenzione era stato trasferito in ospedale in gravi condizioni
Canada, muore in cella italiano
"Aveva gravi ferite alla testa"
Un amico: "Aveva intenzione di tornare in Italia molto presto"

Canada, muore in cella italiano
"Aveva gravi ferite alla testa"


Indagine sulla morte di un italiano fermato dalla gendarmeria del Quebec
ROMA - Claudio Castagnetta si occupava per una società canadese di tradurre testi che contenevano segreti industriali. E' morto dopo essere arrestato dalla polizia del Quebec: in ospedale gli hanno riscontrato "gravi ferite alla testa". Aveva 32 anni; originario di Palermo, Claudio Castagnetta viveva da cinque anni in Canada. La magistratura ha aperto un'inchiesta e ordinato l'autopsia sul corpo della vittima. Dalla Sicilia, il padre e la sorella sono arrivati a Montreal per seguire l'indagine.

Secondo Le Soleil, quotidiano del Quebec, l'uomo "non aveva alcun precedente penale e il suo decesso pone diverse domande che restano ancora senza risposta". Il giornale riferisce che Castagnetta era stato arrestato per "disturbo della quiete pubblica" martedì sera, mentre usciva da un'autofficina. Secondo la gendarmeria del Quebec, l'uomo era "aggressivo e confuso" e i poliziotti hanno usato contro di lui le maniere forti, in particolare una pistola elettrica.

Il giovane è stato poi caricato su un cellulare e condotto in centrale dove, sempre secondo i poliziotti, sarebbe stato "agitato per tutta la notte". Mercoledì - scrive Le Soleil - è stato portato in tribunale da dove, affidato ad agenti penitenziari, è stato trasferito in carcere. Da qui è uscito solo per essere portato nell'ospedale Gesù Bambino dove però è morto giovedì pomeriggio, apparentemente a causa di gravi ferite alla testa. Fonti del penitenziario hanno detto che il giovane si è ferito da solo dando testate contro un muro. Compito del magistrato sarà proprio scoprire l'origine di quelle ferite e verificare se ci sono responsabilità per la morte del manager italiano.

Castagnetta era un giovane impegnato, conosciuto negli ambienti artistici del Quebec. Laureato in Italia e poi diplomato in marketing all'università di Laval in Quebec, era membro del consiglio di amministrazione della società Promotions Recto-Verso. L'anno scorso, aveva ricoperto il ruolo di direttore esecutivo dell'ufficio del Quebec della Camera di commercio italiana in Canada: "Sembrava una brava persona, un uomo di famiglia, e avevo saputo che aveva intenzione di tornare in Italia molto presto", ha raccontato Jason Patuano, ex pr della Camera di commercio italiana.

(24 settembre 2007)
 
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Pitote
view post Posted on 27/9/2007, 14:35




Incontri tra i clan della Camorra
e cocaina nell'ufficio dei vigili urbani
+ La seconda grande guerra di camorra

Il gruppo camorrista dei Casalesi
aveva scelto come base logistica il
comando di vigili di San Cipriano
CASERTA
Una decina di informazioni di garanzia sono state consegnate dagli agenti della squadra Mobile di Caserta, firmate dal coordinatore della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, Franco Roberti ad ex appartenenti e appartenenti al corpo dei vigili urbani di San Cipriano d’Aversa (Caserta). Secondo quanto si è appreso da fonti investigative al centro dell’attenzione della polizia ci sarebbe il comando dei vigili urbani di San Cipriano d’Aversa una delle zone più infestate dalla camorra del clan dei Casalesi.

In sostanza nel comando dei vigili urbani si sarebbero tenute riunioni tra pregiudicati. A queste riunioni avrebbe partecipato anche un vigile urbano sospeso dal servizio nel ’95, Giuseppe Iovine, fratello del latitante Antonio, detto "o Ninno". Secondo gli inquirenti Iovine «grazie al ruolo che gli deriva dall’appartenenza alla famiglia di un leader dei Casalesi, esercita un assoluto predominio all’interno del comando dei vigili urbani, nonostante la Prefettura di Caserta gli abbia sospeso la qualifica di agente di Ps e gli abbia fatto divieto di detenere armi».

Gli uffici del comando dei Vigili urbani di San Cipriano d’Aversa non erano solo il quartiere generale utilizzato dal clan per le riunioni ma anche il luogo dove smistare cocaina. Mezzi tecnici e auto del Corpo erano utilizzati dagli indagati per uso personale anche per curare gli interessi della banda. Secondo gli investigatori, Iovine e alcuni suoi ex colleghi tra i quali «lo stesso comandante -spiega la polizia- costringevano alcuni operatori economici della zona a versare loro somme di denaro, talvolta con cadenza mensile». Gli agenti della Squadra Mobile di Caserta hanno eseguito perquisizioni nelle abitazioni degli indagati, a San Cipriano d’Aversa, Casal di Principe e Aversa.
 
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Pitote
view post Posted on 4/10/2007, 09:17




«Paga e
non avrai guai»
Finanziere in manette

Riccardo Bonvicini

Tremila euro per non subire accertamenti fiscali. È la somma che Lorenzo Arpe, appuntato in servizio al comando brigata dalla Guardia di Finanza di Levanto, ha tentato di estorcere a tre imprenditori: due di Levanto e uno di Monterosso. I tre però non si sono piegati al ricatto e lo hanno denunciato e al termine dell’indagine, nella serata di martedì, il graduato delle Fiamme Gialle è stato arrestato dai suoi stessi colleghi. Tentata concussione, rivelazione e utilizzo di segreti d’ufficio sono le accuse che mosse nei suoi confronti dal pubblico ministero Luca Monteverde e ora Lorenzo Arpe si trova agli arresti domiciliari nella sua casa di Levanto.

Tutto è cominciato a giugno quando uno dei commercianti ricattati ha inviato un esposto alla Procura. Nella denuncia c’erano tutti i dettagli del tentativo di concussione. Il finanziere si era presentato dall’imprenditore per annunciargli un’imminente verifica fiscale e prospettare una soluzione. «Se mi dai tremila euro metto tutto a tacere». L’imprenditore ha preso tempo, ne ha discusso in famiglia e poi ha deciso di non cedere al ricatto e ha presentato la denuncia. Passa poco più di un mese e in Procura arriva un’altra denuncia, sempre nei confronti del finanziere. Questa volta è un commerciante a segnalare il tentativo di concussione e le modalità sono identiche a quelle illustrate dall’altro imprenditore. Ancora qualche settimana e arriva la terza denuncia: questa volta da parte di un operatore del settore turistico. L’uomo racconta di essere stato avvicinato dall’appuntato il quale, in cambio di tremila euro, si sarebbe detto disposto a non eseguire la verifica fiscale che sarebbe dovuta scattare da lì a qualche giorno. Anche in questo caso, dopo una chiacchierata in famiglia, è scattata la denuncia che è andata ad arricchire il fascicolo già aperto dal sostituto procuratore Luca Monteverde. Poi i riscontri con gli interrogatori delle tre vittime. Il magistrato non ha avuto dubbi nell’affidare il compito di indagare a proprio alle Fiamme Gialle del comando spezzino. Sono i colleghi di lavoro di Lorenzo Arpe a svolgere l’indagine con lo scrupolo di sempre, alla caccia della “mela marcia” che avevano in casa.

Gli interrogatori delle tre vittime non hanno lasciato margini al dubbio. Tre racconti fotocopia con lo stesso modus operandi, la stessa cifra richiesta e il tentativo di ulteriori pressioni a fronte del rifiuto di pagare. Quando i tre hanno detto al finanziere che non erano disposti a sborsare neppure un euro lui non si è rassegnato. Ha cominciato a parlare della severità dei controlli ipotizzando multe per decine di migliaia di euro mentre ne sarebbero bastati solo tremila per evitare il rischio di controlli che avrebbero potuto concludersi anche con denunce penali. Nonostante l’ulteriore tentativo i tre commercianti hanno nuovamente respinto la richiesta. E lo ha fatto ancora un’altra volta l’imprenditore al quale Lorenzo Arpe ha mostrato un esposto anonimo che segnalava irregolarità nella gestione della sua attività. L’esposto era autentico ed era stato ricevuto dal comando della brigata della Guardia di Finanza di Levanto pochi giorni prima. L’averlo utilizzato come elemento di pressione nei confronti di una delle vittime è costato al finanziare un’ ulteriore denuncia per rivelazione e utilizzo di segreto d’ufficio. Ora la prima tranche dell’inchiesta è chiusa ma l’indagine prosegue, per accertare se qualcuno ha ceduto al ricatto. Se così fosse, ora che l’appuntato delle Fiamme Gialle è stato arrestato, chi ha si è piegato alle sue richieste potrebbe trovare il coraggio di farsi avanti e, senza rischiare nulla, denunciare la concussione subita. E mentre si attende che altre eventuali vittime si facciano avanti sono partite alcune verifiche sulla situazione patrimoniale di Lorenzo Arpe. Si indaga sulle sue disponibilità economiche e sul suo tenore di vita per accertare, magari attraverso movimenti bancari, le tracce di altre eventuali concussioni.
 
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Pitote
view post Posted on 4/10/2007, 10:34




Il vigile cassiere
che rubava sulle multe

Simone Schiaffino

Peculato e accesso abusivo al sistema informatico. Reato, quest’ultimo, aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale. Sono le accuse contenute nell’ordinanza firmata dal Gip Franca Borzone e notificata ieri mattina a Gustavo Garifo, 57 anni, funzionario della polizia municipale di Genova con mansioni di responsabile dell’ufficio Cassa del reparto contravvenzioni. Nonché consigliere provinciale e capogruppo dell’Italia dei valori.

Garifo, ora agli arresti domiciliari, secondo l’accusa rappresentata dal sostituto procuratore genovese Francesco Pinto, entrava nel sistema informatico dell’Ufficio contravvenzioni grazie alla password in suo possesso (era responsabile del controllo di tutti gli atti di quel reparto). Modificava la ricevuta elettronica redatta da personale del suo ufficio per far figurare un importo minore di quello effettivamente versato da un qualsiasi cittadino al momento del pagamento di una multa.

Dopodiché non gli restava, sempre stando alle ipotesi dell’accusa, che prelevare dalla busta, dove veniva temporaneamente custodito il denaro versato dal cittadino, la differenza tra quanto effettivamente pagato e quanto il funzionario della Municipale indagato aveva fatto figurare nella ricevuta elettronica.

Un’indagine che il pm Pinto ha fatto condurre alla sezione di polizia giudiziaria della Municipale dal 9 luglio a metà settembre. Tre mesi in cui sono stati analizzati gli accessi al sistema informatico dell’Ufficio contravvenzioni, situato nella zona di Sampierdarena. In questo periodo di tempo il guadagno illecito per Gustavo Garifo, difeso dall’avvocato Ersilio Gavino, sarebbe stato di circa 15.000 euro. Impossibile conoscere in assoluto l’entità dell’ammanco per l’erario, visto che l’inchiesta ha preso in esame solo tre mesi di attività dell’indagato, che è responsabile da anni dell’Ufficio cassa del reparto contravvenzioni.

Prima di arrivare alla richiesta di arresti domiciliari il sostituto procuratore Pinto ha fatto mettere a confronto i giorni di presenza in servizio di Garifo con quelli in cui il sistema informatico registrava gli accessi che modificavano gli importi dei pagamenti effettuati dal cittadino. Era emerso che ogni volta che il funzionario accusato era in ufficio si verificavano le modifiche illecite alle ricevute elettroniche. Ma non c’era un indizio sufficiente ad attribuire a lui stesso l’utilizzo della password.

Così, a metà agosto, il magistrato della pubblica accusa ha voluto disporre un’ulteriore prova dell’infedeltà dell’indagato. Con una circolare, redatta ad arte, dal comando di polizia municipale sono stati attribuiti nuovi codici segreti di ingresso al sistema informatico. Dal giorno seguente alla modifica delle password il programma di registrazione delle ricevute elettroniche ha accertato nuove modifiche degli importi di quanto sborsato dai cittadini per il pagamento di multe da infrazione stradale. E questo è stato sufficiente a far scattare il provvedimento dei domiciliari. L’inchiesta era nata da un semplice raffronto, effettuato da uno degli addetti al reparto contravvenzioni, tra quanto era stato da lui battuto al computer all’atto di un pagamento del cittadino e quanto effettivamente la ricevuta elettronica (modificata fraudolentemente) riportava il giorno successivo.

Ieri gli investigatori hanno effettuato perquisizioni nell’abitazione di Garifo, nel suo ufficio al nono piano dell’edificio dove ha sede il comando di polizia municipale, a Sampierdarena. E anche presso il consiglio provinciale, che si riuniva proprio ieri mattina (e al quale, ovviamente, Garifo non ha preso parte).

La notizia ha suscitato scalpore tra gli amministratori locali genovesi. Carmen Patrizia Muratore, consigliere regionale dell’Italia dei valori, sottolinea che «Garifo, che si era candidato senza iscriversi alla nostra lista, si era trovato, per un errore di calcolo delle preferenze, a sedere in consiglio provinciale. Il Tar ligure, nei giorni scorsi, ha accolto il ricorso, presentato da una candidata non eletta. Questa sentenza lo avrebbe fatto decadere dall’incarico».
 
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Grifoni*Ovunque
view post Posted on 8/10/2007, 07:30




USA: WISCONSIN, MORTI IN SPARATORIA, RICERCATO VICE-SCERIFFO
Una strage ancora senza un perché tra i boschi del Wisconsin a pochi chilometri dal confine con il Canada. Un vice sceriffo è stato abbattuto dalla polizia dopo che aveva aperto il fuoco a una festa di teenager uccidendo sei ragazzi, menrte altri sarebbero rimasti feriti.
 
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236 replies since 8/6/2007, 14:00   12989 views
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