TO PROTECT AND SERVE..., Per cortesia nessun commento solo articoli e notizie "ufficiali"

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Pitote
view post Posted on 8/6/2007, 14:00




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SOLO NOTIZIE - NESSUN COMMENTO


06 giugno 2007
Il poliziotto in carcere non parla

Era già indagato per i presunti pestaggi subiti nella caserma di Bolzaneto dai manifestanti arrivati a Genova per il G8 del 2001, il poliziotto che ieri è stato arrestato dai colleghi con l’accusa di violenza sessuale aggravata nei confronti di tre donne di origine romena.

Gli abusi sessuali sarebbero stati consumati nei locali della Questura a Sampierdarena, dove le tre donne si trovavano in stato di arresto per reati legati alla prostituzione. I fatti risalirebbero al 2005.

Le indagini sono seguite dagli investigatori di polizia giudiziaria di palazzo di giustizia.

M. P., 44 anni, assistente capo in forza all’ufficio di gabinetto e incaricato di vigilare sulle celle di sicurezza, ora è ai domiciliari e probabilmente sarà interrogato domani.

Gli abusi sessuali sarebbero avvenuti in momenti diversi all’interno di uno spogliatoio della Questura, e non nella camera di sicurezza, come era stato segnalato in un primo momento.

I fatti risalirebbero al periodo maggio-giugno 2005: secondo quanto ricostruito dagli agenti, che raccolsero la deposizione di una delle tre giovani (22 anni), P. avrebbe abusato delle tre in momenti diversi, probabilmente durante il turno di notte, trascinandole in uno spogliatoio; due sarebbero gli stupri veri e propri, il terzo sarebbe una sorta di violento palpeggiamento.

Qualche tempo dopo le violenze, una delle giovani prostitue finì nuovamente in manette per avere contravvenuto alla legge Bossi-Fini. Durante la direttissima in Tribunale, la donna avrebbe rivelato gli abusi ad un agente. Il poliziotto riferì al suo superiore.

Nell’ambito delle indagini, inizialmente condotte dalla Squadra Mobile e poi proseguite dalla Sezione di Polizia Giudiziaria, vennero fuori anche gli altri episodi. Fu individuata la giovane che sarebbe stata palpeggiata e che confermò la storia. Alla terza romena gli inquirenti sono giunti durante un’altra indagine in cui era stata sentita come testimone.

Edited by Pitote - 8/6/2007, 17:59
 
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Grifoni*Ovunque
view post Posted on 8/6/2007, 14:11




(ANSA) - PISA, 28 MAG
- L'avvocato Ezio Menzione di Pisa, difensore dei manifestanti "no global" nei processi dinnanzi al Tribunale di Genova per i fatti del G8 2001, ha ricevuto minacce di morte per aver chiesto di sentire Placanica. Lo ha reso noto lo stesso avvocato precisando di avere ricevuto sabato mattina, sulla sua utenza privata, una telefonata di questo tenore: "lasciate stare a Placanica, sennò vi faremo saltare in aria". "La voce - ha precisato Menzione - era di un uomo, con forte accento meridionale, forse leggermente travisata, ma chiarissima. Chiaro anche il riferimento in quanto il giorno prima, in un'udienza davanti al Tribunale genovese per un processo contro i manifestanti no global, avevo chiesto e ottenuto che fosse convocato come teste Placanica, affinchè narrasse la sua versione dei fatti di Piazza Alimonda". "Placanica - ha ricordato l'avvocato - era già stato convocato davanti allo stesso Tribunale un anno e mezzo fa, ma, come la legge gli consente, si era avvalso della facoltà di non rispondere. Alcuni mesi fa, però, aveva rilasciato interviste e dichiarazioni che gettavano una luce inedita su quei tragici fatti e si era dichiarato disponibile a parlare anche dinnanzi alla magistratura". Da qui la richiesta dell'avvocato che è stata accolta ed è stato disposto che Placanica venga accompagnato dinnanzi al Tribunale genovese per l'udienza del prossimo venerdì, primo giugno. "La telefonata è stata piuttosto inquietante - ha dichiarato ancora Menzione - non solo per la portata chiaramente minatoria, ma perchè lascia intendere quanto debbano essere forti le pressioni affinchè Placanica non fornisca la sua verità. Se anche lui è sottoposto, come più volte ha lasciato intendere, ad uno stillicidio di minacce, è l'ora che venga dinnanzi ai giudici e dica una buona volta tutto ciò che sa, così da liberarsi da questo incubo". La telefonata è rimasta registrata sulla segreteria telefonica ed è stata messa a disposizione dell'autorità inquirente, cui l'avvocato si è rivolto con una denuncia-querela contro ignoti.
 
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Pitote
view post Posted on 8/6/2007, 14:23




venerdì, 08 giugno 2007 10:47

INDAGATO UN ALTRO POLIZIOTTO

Dopo l'arresto di un assistente capo della Questura di Genova, accusato di abusi nei confronti di tre giovani prostitute rumeno, un altro caso scuote la Polizia genovese. C'è infatti un secondo agente indagato, sempre per reati a sfondo sessuale:si tratta di un assistente capo, in servizio sino all’estate scorsa in uno dei commissariati cittadini ed ora sospeso in attesa del giudizio.L'uomo è accusato di avere stuprato una prostituta rumena, una delle tre che hanno portato all'incriminazione dell'altro agente.
 
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Pitote
view post Posted on 8/6/2007, 14:41




Genova. Arrestati due poliziotti, vendevano cocaina

Da Notiziario Aduc, - 6 febbraio 2007

Due ispettori di polizia, in servizio presso la squadra narcotici della Squadra Mobile di Genova, sono stati fermati dalla Guardia di finanza con l'accusa di spaccio di droga e peculato.
La prima accusa riguarda la cessione di un chilo di cocaina, del valore di circa 70000 euro, ad un pregiudicato genovese. Il peculato deriva dall'ipotesi che i due si siano appropriati di tre pc portatili sequestrati ad un cittadino romeno durante una operazione di polizia.
Secondo quanto riferito dagli investigatori, i due ispettori, dei quali non sono state rese note le generalita', avrebbero concordato con il pregiudicato la cessione a rate della partita di cocaina: la prima parte della somma, 5000 euro, doveva essere consegnata nei pressi del centro commerciale della Fiumara.
Nei giorni precedenti, pero', i militari della Finanza avrebbero intercettato il pregiudicato, gia' sospettato da tempo di essere nel giro del traffico di stupefacenti, e lo avrebbero interrogato, scoprendo cosi' i contatti con gli ispettori di polizia.
All'appuntamento fissato si sono cosi' presentati i finanzieri che hanno bloccato uno dei due ispettori. L'altro e' stato raggiunto nel suo ufficio nella questura di Genova. Ora i due si trovano rinchiusi uno nel carcere di Pontedecimo e l'altro in quello d Chiavari. Saranno interrogati nelle prossime ore dal Gip Lucia Vignale per la convalida del fermo.
L'accusa di peculato riguarda l'appropriazione di tre pc portatili. Nel corso di una operazione, i due ispettori avrebbero sequestrato ad un cittadino romeno tre pc, ma nel verbale di sequestro avrebbero parlato di 16 macchinari sequestrati. Durante le perquisizioni negli alloggi e negli uffici dei due poliziotti sono stati trovati 2 dei tre pc: uno in casa di un ispettore, l'altro nell'ufficio del secondo.
 
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Pitote
view post Posted on 8/6/2007, 21:09




Corruzione, arrestati in Molise agenti e carabinieri

Campobasso, è finito in carcere anche il comandante dell’Arma

Gigi Furini

CAMPOBASSO. Otto esponenti delle forze dell’ordine e un avvocato (ex carabiniere) sono stati arrestati in Molise per associazione per delinquere, truffa e rivelazione di segreti d’ufficio. L’inchiesta, denominata «black hole» ha portato alla luce un vero e proprio «corpo separato» nella sezione della polizia giudiziaria presso la procura di Larino, un piccolo centro in provincia di Campobasso.
Stando alle accuse, gli arrestati avrebbero favorito alcuni indagati di un’altra inchiesta, quella che ha smantellato i vertici della sanità nel Basso Molise. Le indagini avevano preso avvio nel 2003 dopo il ritrovamento di un’ecografo dell’ospedale di Termoli nello studio privato del primario di ginecologia, Patrizia De Palma (moglie dell’allora sindaco, Remo Di Giandomenico, ex deputato dell’Udc). La donna era stata arrestata insieme ad altre dieci persone e altre 23 erano state indagate, in attesa della richiesta di rinvio a giudizio. Fra gli arrestati, allora, era finito anche un manager dell’Asl. A vario titolo, le persone finite nell’inchiesta sulla malasanità sono accusate anche di sfruttamento dell’immigrazione clandestina e pratica di aborti illegali.
Nel proseguire l’inchiesta, il procuratore di Larino, Nicola Magrone, si sarebbe accorto che poliziotti e carabinieri, da lui incaricati di svolgere indagini, avrebbero agito rivelando sistematicamente i segreti d’ufficio e occultando alcune prove degli illeciti nelle gestione della sanità molisana. In pratica, poliziotti e carabinieri avrebbero costituito una vera e propria “lobby” che lavorava, «non alle dipendenze, ma contro la procura». Il gruppo di arrestati, secondo il procuratore, era capace «di far propri interi comparti istituzionali, occupandone i gangli vitali, dalla Asl al Comune di Termoli, ed estendendo le proprie infiltrazioni in variegati settori, dagli appalti alle assunzioni presso uffici pubblici».
L’arresto più clamoroso è quello di Maurizio Coppola, comandante provinciale dei carabinieri di Campobasso. L’ufficiale non se l’aspettava, a dimostrazione che l’inchiesta a suo carico è stata condotta con la massima discrezione. Infatti è stato sorpreso nel cortile della caserma mentre era intento a coltivare il suo hobby, quello di riparare automobili di “modernariato”. Con lui sono finiti in carcere l’ex comandante dei vigili urbani di Termoli, Ugo Scarretta; l’avvocato Ruggero Romanazzi (carabiniere fino ad alcuni anni fa ed ex difensore di Remo Di Giandomenico); Raffaele Esposto, già maresciallo dell’Arma; Luigi Soccio, appuntato scelto presso la stessa compagnia; Michele Tenaglia, sovrintendente della polizia alla procura di Larino e altri appartenenti alle forze dell’ordine. L’esecuzione dell’ordinanza, firmata dal Gip Roberto Veneziano, è stata affidata sempre a polizia e carabinieri, a dimostrazione della fiducia che la magistratura di Larino continua ad avere verso queste istituzioni.
(15 maggio 2007)
 
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Pitote
view post Posted on 8/6/2007, 21:27




Permessi falsi per le "signorine". In manette anche un carabiniere

Si allarga l’inchiesta sui permessi falsi concessi a ragazze straniere che lavoravano nei night club del Canton Ticino: questa mattina è stato arrestato un carabiniere in servizio al valico di Fornasette. Come i quattro finanzieri e i due poliziotti finiti in carcere a febbraio, è accusato di falso e corruzione: dietro il pagamento di una "mazzetta" avrebbe posto dei timbri sul passaporto di alcune ragazze dell’Est facendo figurare che queste ultime si erano trasferite in Italia dalla Svizzera. In realtà le giovani continuavano la loro attività di entraineuses nei locali notturni della zona di confine riuscendo a eludere la normativa elvetica sull’immigrazione che concede in questi casi solo permessi di soggiorno temporanei. Il militare è stato arrestato su ordine del giudice per le indagini preliminari Ottavio D’Agostino; la richiesta di arresto era partita nei giorni scorsi dal pubblico ministero Agostino Abate, titolare dell’indagine sui permessi falsi. Il carabiniere finito in carcere ha 26 anni, si chiama Maurizio Turco; a chiamarlo in causa sarebbe stato Gianluca Ceretti, uno dei finanzieri arrestati a febbraio e che alcuni giorni fa aveva deciso di parlare al pm Abate. Ceretti nell’occasione aveva tentato di sminuire le sue responsabilità tirando però in ballo altri tutori della legge che lavorano ai valichi di confine. Non è stato specificato quanto fosse il compenso per ogni ragazza "regolarizzata"; il gip D’Agostino avrebbe voluto chiederlo a Turco nel corso dell’interrogatorio di convalida svoltosi questa mattina a palazzo di giustizia: il carabiniere si è però avvalso della facoltà di non rispondere e anzi nel corso del faccia a faccia con il giudice si è sentito male e ha dovuto essere accompagnato per un controllo in pronto soccorso. Il giudice ha comunque confermarto l’arresto e il militare

Claudio Del Frate
 
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*Supporter*
view post Posted on 13/6/2007, 14:26




G8 Genova: poliziotto, omisi verita'

Imputato per violenze alla Diaz, in aula da' nuova versione

(ANSA) - GENOVA, 13 GIU - 'Durante le indagini non ebbi il coraggio di rivelare un comportamento cosi' grave da parte dei poliziotti per spirito di appartenenza'.E' la testimonianza resa da Michelangelo Fournier, all'epoca del G8 a Genova vice questore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma ed oggi uno dei 28 poliziotti imputati per la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz. Fournier ha fornito una nuova versione su quello che aveva visto al momento della sua irruzione: veri e propri pestaggi ancora in atto.
 
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Grifoni*Ovunque
view post Posted on 13/6/2007, 15:04




Varese –
Si allarga l’inchiesta per falso e corruzione che aveva già portato in carcere 4 finanzieri e due poliziotti
Permessi falsi per le "signorine". In manette anche un carabiniere

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Si allarga l’inchiesta sui permessi falsi concessi a ragazze straniere che lavoravano nei night club del Canton Ticino: questa mattina è stato arrestato un carabiniere in servizio al valico di Fornasette. Come i quattro finanzieri e i due poliziotti finiti in carcere a febbraio, è accusato di falso e corruzione: dietro il pagamento di una "mazzetta" avrebbe posto dei timbri sul passaporto di alcune ragazze dell’Est facendo figurare che queste ultime si erano trasferite in Italia dalla Svizzera. In realtà le giovani continuavano la loro attività di entraineuses nei locali notturni della zona di confine riuscendo a eludere la normativa elvetica sull’immigrazione che concede in questi casi solo permessi di soggiorno temporanei.
 
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ALEX_GE
view post Posted on 13/6/2007, 18:32




Federico, svolta nell'inchiesta Ferrara, trovate altre prove nella cassaforte della polizia: sette tamponi con il sangue della vittima e documenti clamorosi

FERRARA - Le sorprese erano chiuse in cassaforte. Ci sono novità sulla storia di Federico Aldrovandi, lo studente diciottenne che il 25 settembre 2005 morì a Ferrara dopo essere stato fermato dalla polizia. Tutto era pronto per l’udienza preliminare che il prossimo 20 giugno deciderà se mandare a processo quattro agenti accusati di omicidio colposo. Ed invece, dalla questura arrivano nuovi reperti, sconosciuti agli atti dell’inchiesta. Dagli «originali » delle telefonate ai tamponi imbevuti del sangue del ragazzo. E con essi affiorano dubbi e sospetti, ai quali dà corpo Alessandro Gamberini, legale della famiglia del giovane: «È la prova di come in questa inchiesta il materiale di indagine sia stato accuratamente selezionato, dato o non dato a seconda della convenienza. Per fortuna qualcosa è cambiato». Aldrovandi muore a Ferrara, in via Ippodromo, dopo aver trascorso la notte in un centro sociale di Bologna. Così ricostruiva i fatti una nota della questura: «Alle 6.25 personale di Polizia interveniva su segnalazione di alcuni cittadini che avevano riferito del comportamento strano di un giovane. Poco dopo, il giovane è stato colto da malore».

La vicenda

Caso chiuso. Morto per cause naturali, durante il trasporto in ospedale. Overdose, si dirà poi. Tre mesi dopo Patrizia, la madre di Federico, apre un blog per chiedere nuove indagini. Emergono testimonianze che parlano di un controllo piuttosto energico da parte degli agenti intervenuti. Secondo i consulenti della famiglia ci sarebbe stata una violenta colluttazione tra quattro agenti e Aldrovandi, sottoposto ad una immobilizzazione forzata con schiacciamento della cassa toracica. Il 9 gennaio 2007 c’è la richiesta di rinvio a giudizio per quattro poliziotti. La partita giudiziaria si giocherà su perizie mediche e sulle diverse ricostruzioni degli orari. Anche per questo, è di grande onestà e pulizia la nota datata 2 febbraio 2007 della Squadra mobile di Ferrara che accompagna le nuove rivelazioni. Scrive il dirigente: «In data odierna ho avuto accesso, per la prima volta, al registro degli interventi del 113 relativo al periodo di indagine, fino ad oggi custodito nella cassaforte dell’Unità di polizia giudiziaria». Per una circostanza fortuita, si apre così, «per la prima volta», lo scrigno che contiene gli originali degli atti compiuti quel 25 settembre 2005.
Il catalogo è questo: ci sono tutti i brogliacci delle telefonate effettuate dagli agenti, e gli orari del loro intervento nel luogo dove Federico Aldrovandi cominciava la sua agonia. La Squadra mobile li mette a confronto con i documenti «puliti» che sono stati poi allegati agli atti dell’inchiesta. E scopre che tra la copia «in brutta» e quella in bella, ci sono differenze sostanziali. Sull’orario dell’arrivo della prima pattuglia, i cui agenti sono accusati di aver pestato Aldrovandi: «Doverosamente si deve rilevare come il foglio di intervento originale, annullato con dei segni trasversali a penna, è parzialmente difforme» da quello poi trascritto agli atti. «In particolare, la difformità è relativa all’orario in cui è stato dato l'intervento, e la correzione fatta a penna contrasta con i fogli successivi ». Il nuovo questore di Ferrara, Luigi Savina, uno dei poliziotti più stimati dal Viminale, mette per iscritto di non aver chiesto «per ora» una relazione sull’accaduto ai due ispettori che hanno firmato i rapporti solo perché consapevole che anche la Procura ha un procedimento in corso sui modi con i quali è stata effettuata l’indagine sulla morte di Aldrovandi. Dal carteggio custodito in cassaforte spuntano anche due lettere «manoscritte in originale», che sono riferibili alle attività di sopralluogo compiute la mattina del 25 settembre—Aldrovandi morì poco dopo l’alba—«ma non risultano finora essere state inviate alla autorità giudiziaria».
L'ultima scoperta è forse la più clamorosa. La questura comunica di aver ritrovato anche sette tamponi intrisi di sangue «relativi al giovane Aldrovandi» conservati da ormai due anni nei frigoriferi della Polizia scientifica, e mai messi agli atti. In una vicenda dove autopsie, perizie mediche e sopralluoghi contano molto, è un dettaglio che potrebbe avere la sua importanza.

 
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Grifoni*Ovunque
view post Posted on 14/6/2007, 08:43




Genova, la testimonianza del vicequestore, uno dei 28 poliziotti
imputati per la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz

G8, Fournier: "Sembrava una macelleria" "Non dissi nulla per spirito di appartenenza"

GENOVA - "Sembrava una macelleria messicana": è con queste parole che Michelangelo Fournier, all'epoca del G8 del 2001 a Genova vicequestore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma, descrive quello che vide al momento dell'irruzione nella scuola Diaz. Una descrizione ben diversa da quella che Fournier, uno dei 28 poliziotti imputati per la vicenda, fornì inizialmente. "Durante le indagini non ebbi il coraggio di rivelare un comportamento così grave da parte dei poliziotti per spirito di appartenenza", ha confessato oggi in aula a Genova, rispondendo alle domande del pm Francesco Cardona Albini.
Nelle dichiarazioni rese inizialmente da Fournier ai pubblici ministeri Zucca e Cardona Albini, il poliziotto aveva raccontato di aver trovato a terra persone già ferite e non pestaggi ancora in atto.

"Arrivato al primo piano dell'istituto - ha detto - ho trovato in atto delle colluttazioni. Quattro poliziotti, due con cintura bianca e gli altri in borghese stavano infierendo su manifestanti inermi a terra. Sembrava una macelleria messicana".

"Sono rimasto terrorizzato e basito - ha spiegato - quando ho visto a terra una ragazza con la testa rotta in una pozza di sangue. Pensavo addirittura che stesse morendo. Fu a quel punto che gridai: 'basta basta' e cacciai via i poliziotti che picchiavano", ha raccontato ancora Fournier.

Sollecitato dalle domande del Pm Cardona Albini, ha aggiunto: "Intorno alla ragazza per terra c'erano dei grumi che sul momento mi sembrarono materia cerebrale. Ho ordinato per radio ai miei uomini di uscire subito dalla scuola e di chiamare le ambulanze".

Fournier ha poi raccontato di aver assistito la ragazza ferita fino all'arrivo dei militi con l'aiuto di un'altra manifestante che aveva con sè una cassetta di pronto soccorso. "Ho invitato però la giovane - ha raccontato - a non muovere la ragazza ferita perché per me la ragazza stava morendo".

Fournier però ha anche cercato di ridimensionare in parte le responsabilità dei poliziotti: "Sicuramente nella scuola c'erano persone che hanno fatto resistenza, issato barricate, per cui non mi sento di dare la patente di santità a tutti gli occupanti dell'istituto". "Non posso escludere in modo assoluto che qualche agente del mio reparto abbia picchiato", ha detto ancora.

In merito poi all'episodio del vice questore Troiani, il poliziotto che avrebbe portato le due bottiglie molotov nella scuola, come prova a carico dei 93 no global, poi arrestati, Fournier ha raccontato di aver visto il collega vicino alla camionetta con addosso il casco del Reparto Mobile di Roma. "Casco e cinturone del nostro reparto - ha spiegato - erano stati distribuiti in occasione del G8 anche ad altri reparti mobili".
 
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Pitote
view post Posted on 15/6/2007, 07:37




G8 di Genova, dopo il racconto di Fournier al processo parla l'allora comandante del reparto celere
Il questore Canterini: "C'era una macedonia di polizia. Quando entrai era tutto finito: vidi sangue ovunque"
"Alla Diaz fu una notte cruenta
ma il macellaio non sono io"
di CARLO BONINI

"Alla Diaz fu una notte cruenta
ma il macellaio non sono io"


Il questore Vincenzo Canterini al centro di un gruppo di agenti in divisa
La voce del questore Vincenzo Canterini arriva da Bucarest. Il Viminale ce lo ha spedito due anni fa a occuparsi di traffico di organi ed esseri umani presso una struttura Interpol, mettendo il mare tra lui e il Reparto celere di Roma, tra lui e la scuola "Diaz" di Genova, dove, la notte del 21 luglio del 2001, agli uomini che allora comandava venne ordinato di fare irruzione.

Sessantatrè feriti. Una "macelleria messicana", per usare le parole del vicequestore Michelangelo Fournier, che di Canterini era il vice. "Io un macellaio non lo sono mai stato", dice lui. Insiste: "Capito? Chi parla non è mai stato un macellaio. E' un signore che è in polizia da 41 anni, fa sindacato con il "Consap" e vive in Romania, dove l'Amministrazione gli ha chiesto di andare. Detto questo, sapete quando Fournier ha parlato di "macelleria messicana"? Dieci giorni dopo quella notte. E sapete con chi? Con il Procuratore di Genova dove si era presentato spontaneamente per riferire quel che aveva visto. E sapete chi lo aveva accompagnato dal procuratore? Vincenzo Canterini. Dunque, sono un macellaio io?".

Dunque, la macelleria c'è stata
"Il termine è folcloristico. Ma non c'è dubbio che è stata una notte cruenta".

Il sangue lo ha visto anche lei?

"Certo che l'ho visto. Ne ho visto tanto e dappertutto".

Ha visto poliziotti picchiare donne e uomini inermi?
"No".

E Fournier, allora? Ha ammesso di aver visto e interrotto il pestaggio di una ragazza a terra. Si è scusato per aver taciuto sei anni questa circostanza. Lui ha visto e lei no?
"Premesso che Fournier è come un figliolo per me, io e lui diciamo in fondo la stessa cosa".

"In fondo", lei ha appena detto di non aver visto nessun pestaggio.
"Come ho ripetuto per tredici ore al processo di Genova, come spiegai nell'immediatezza dei fatti alla Commissione di inchiesta e appunto al procuratore di Genova dove andai insieme a Fournier, quando entrai nella "Diaz" era tutto finito. Cominciai a salire le scale della scuola e mi fermai al primo piano, proprio quando sentii le urla di Fournier".

Cosa vide?
"Fournier era vicino a una ragazza ridotta malissimo. E mi diedi da fare per far soccorrere lei come gli altri feriti che erano nella scuola".

Qualcuno la testa l'aveva rotta a quella ragazza.
"Non gli uomini del mio reparto. Non a caso, Fournier dice di essersi dovuto togliere il casco e di aver gridato "Basta!" a chi la stava picchiando. Se fossero stati i nostri ragazzi, Fournier non avrebbe avuto necessità di togliersi il casco, perché il nostro intero reparto era connesso da interfono. Avrebbe usato quello".

Dunque, lei arriva a cose fatte e né quella notte, né successivamente, riesce a venire a capo di chi si è comportato da macellaio. È così?

"Quella notte, dentro la Diaz, c'era una macedonia di polizia".

Una "macedonia"?
"Come si vede dai filmati, nella scuola entrarono almeno in 300. I miei uomini erano solo 70. Poi c'erano colleghi di altri reparti celeri, identici a noi per abbigliamento se si eccettua il cinturone bianco. C'erano agenti con l'Atlantica (camicia a maniche corte ndr.), agenti delle squadre mobili con pettorina e casco, poliziotti dell'Anticrimine. Di tutto, insomma".

Insisto. La notte della "Diaz" le ha cambiato la vita. Da due anni vive a Bucarest, e in tutto questo non è riuscito a venire a capo di chi si abbandonò alle violenze.
"Che vuole che le dica? È così. Che devo fare? Appena rientrai a Roma, chiesi tutte le relazioni di servizio di chi era stato nella scuola quella notte. Ma non seppi allora e non so oggi chi si è reso responsabile delle violenze".

Nella "Diaz" i suoi uomini rimasero a braccia conserte?

"Ma no. Non dico questo. È ovvio che qualche manganellata l'avranno data. Ma so per certo che nessuno dei miei uomini ha mai picchiato una donna o un uomo a terra. Né ha mai ricevuto ordini di questo genere. E non lo dico solo io".

Chi altro lo dice?

"Evidentemente non lo sa nessuno, ma soltanto su 2 dei 78 tonfa (i manganelli ndr.) in uso al mio reparto quella notte, le perizie del Ris dei carabinieri hanno trovato tracce di sangue. E quei due tonfa erano in dotazione a due agenti rimasti feriti, Ivo e Parisi. Dunque, è molto probabile che il sangue sia il loro. Dico di più. A Genova, Vincenzo Canterini è imputato di un solo presunto reato. Non violenze, non pestaggi. Ma di aver stilato una relazioncina di servizio al questore di 15 righe sui fatti di quella notte che non sarebbe stata veritiera".

Tacere la verità non è un vanto per un funzionario di polizia.

"Io non ho taciuto un bel niente. Io riferii al Questore quello che avevo visto. Avevo visto la pettorina e il giubbotto di uno dei miei squarciato da una coltellata e la perizia del tribunale, al contrario di quel che affermò inizialmente il Ris dei carabinieri, ha stabilito che quella coltellata fu inferta. Ho visto venire giù di tutto dai piani alti della scuola e infatti tredici dei miei sono finiti in ospedale. Quali bugie ho detto?".

A distanza di sei anni ci sarà qualcosa che si rimprovera di quella notte. O no?

"Mi rimprovero di non essere riuscito a imporre una soluzione diversa da quella che poi fu adottata. Ma è anche vero che non ne ebbi modo".

Quale soluzione diversa?
"Suggerii a chi comandava in quel momento di tirare all'interno della scuola qualcuno dei potenti lacrimogeni di cui avevamo dotazione. E di aspettare che chi era dentro uscisse. Ma non ci fu verso".

A chi lo suggerì?
"All'allora vicecapo della polizia e capo dell'Antiterrorismo Arnaldo La Barbera".

Arnaldo La Barbera è morto. Non può né confermare, né smentire.

"E infatti faccio a fatica e mi dispiace doverne parlare. Ma queste cose le ho dette già sei anni fa, quando il povero Arnaldo, un amico, era ancora vivo. Io non so con chi si consultò a sua volta La Barbera. So cosa venne deciso e so che quando l'irruzione cominciò io rimasi fuori dalla scuola e il mio reparto passò sotto il comando di due funzionari della Digos di Genova".

(15 giugno 2007)
 
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Pitote
view post Posted on 18/6/2007, 16:03




18 giugno 2007
Torture alle br, la polizia
replica: fatti già giudicati

Arriva, a distanza di tre giorni, la prima replica ufficiale della polizia di Stato, per bocca del responsabile dell’ufficio stampa Mario Viola. MATTEO INDICE

«L’Amministrazione non aveva la titolarità ad aprire un’inchiesta interna, per il semplice fatto che su quella storia si era già pronunciata l’autorità giudiziaria. Ci sono stati processi di ogni grado, condanne, assoluzioni, sentenze motivate che hanno permesso di scandagliare in profondità la vicenda delle torture ai brigatisti negli anni di piombo. È vero che dei “cinque dell’Ave Maria” forse non si è mai parlato nello specifico; ma si dice sempre che le forze dell’ordine debbono attenersi scrupolosamente al dettato della magistratura. E questo è stato fatto, davanti alle lettere che in modo generico rievocavano quel periodo».

Arriva, a distanza di tre giorni, la prima replica ufficiale della polizia di Stato, per bocca del responsabile dell’ufficio stampa Mario Viola. Dopo uno stretto consulto con il capo Gianni De Gennaro, Viola risponde, commenta le rivelazioni di Salvatore Genova, che a poche ore dalla deposizione di Michelangelo Fournier sul G8 («Alla Diaz scene da macelleria messicana») è uscito allo scoperto accostando l’oscurantismo sui pestaggi del luglio 2001 a un’altra pagina oscura della storia d’Italia: le sevizie ai terroristi arrestati nel 1982 per il sequestro Dozier, e più in generale i soprusi «sistematici» messi in pratica da una squadra parallela gestita dai vertici dell’Ucigos, e denominata “I cinque dell’Ave Maria”.

Genova, che all’epoca era commissario della Digos del capoluogo ligure “aggregato” all’Ucigos e partecipò direttamente alla liberazione del militare Usa, è stato indagato per quei fatti, ma mai processato poiché nel frattempo eletto alla Camera nelle liste del Partito socialdemocratico.

«Oggi come allora - dice - occorre fare chiarezza sulla presenza di gruppi occulti e gestiti da una cerchia ristretta di potenti; ma purtroppo negli ultimi anni nessuno ha risposto alle mie sollecitazioni, alle numerose lettere “riservate” nelle quali richiamavo sulla necessità di identificare i veri responsabili».

Il punto, insomma, non sarebbe acclarare la pratica della tortura nel singolo caso Dozier, ma alzare il velo sulla presenza d’un nucleo ristretto - i “cinque”, appunto - che si muoveva impunemente da Nord a Sud sotto la copertura del ministero, che agì prima e dopo il rapimento del generale americano e del quale nessun funzionario ha mai osato far cenno fino ad oggi.

«Non si capisce perché - recita la nota in arrivo da Roma - il dottor Genova scelga per il suo “outing” il periodo che precede immediatamente la pensione. Se crede ci siano spunti investigativi nuovi li può fornire alle procure venete che si occuparono del caso».

E c’è un altro aspetto sul quale lo staff di De Gennaro intende soffermarsi. Nell’edizione di ieri del Secolo XIX, nel titolo di prima pagina in cui si segnalavano i servizi sulle dichiarazioni del superpoliziotto, era riportata la frase “De Gennaro sapeva tutto sulle torture”.

Ebbene, il riferimento era a una lettera del 14 luglio 2004 - ne pubblichiamo qui sopra uno stralcio - nella quale ancora Genova rievocava (sommariamente) la questione delle sevizie chiedendo d’essere «riabilitato poiché estraneo alla “squadretta torturatori” (certificandone così l’esistenza, ndr)».

È l’unica lettera, quella, in cui si rivolge direttamente al capo della polizia, De Gennaro. «Proprio per il fatto che le denunce erano note - insistono dalla capitale - e sono state oggetto di interminabili dibattimenti da parte di un tribunale, è palese che pure De Gennaro ne fosse a conoscenza.

Ma sarebbe errato “forzare” i concetti, attribuendogli una sorta di mancato approfondimento di episodi avvenuti oltre 22 anni fa, sui quali hanno deliberato giudici dello Stato. Senza dimenticare che ogni accostamento al G8 è frutto di pura suggestione».

Insiste, Mario Viola: «In molte occasioni le informative erano indirizzate al Dipartimento della pubblica sicurezza, alla segreteria ed è probabile che lì si siano fermate e lì siano state gestite».

Esistono però punti importanti, sui quali riflettere, almeno un passaggio chiave di uno degli scritti di Genova che chiarisce l’importanza e il peso delle sue dichiarazioni - fondamentali per capire il clima dell’epoca e le ripercussioni che fatti avvenuti a distanza di molti anni possono avere sulla gestione attuale della polizia - a prescindere dalla molla che le ha originate.

In un documento inoltrato «al ministero dell’Interno» il 26 luglio 2004, l’attuale dirigente della Polfer ligure scrive poche righe, eloquenti: «...ricordo che gli alti gradi ministeriali dell’epoca mi avevano promesso, sia per la mia attività operativa che per aver opposto un invalicabile muro alla pressante azione della magistratura, evitando loro gravi conseguenze sul piano della carriera e della stessa libertà personale, una promozione straordinaria e vari riconoscimenti».

Genova insiste, adesso: «Io dal procedimento penale sono uscito, ma quella storia non è stata chiarita per nulla. Non ci si può fermare alla condanna di pochi per fatti episodici. Le torture erano una componente “strutturale” dell’attività dell’Ucigos e le logiche di potere esistono oggi come allora. Perciò potrei chiedere di essere riascoltato dai giudici veronesi».
 
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Grifoni*Ovunque
view post Posted on 19/6/2007, 09:04




18/06/2007: DOPO LE PERQUISIZIONI E MINACCE... LE DENUNCE

Venerdì 15 giugno vengo a conoscenza di essere stato denunciato dal Maresciallo Biagioli, della Compagnia dei Carabinieri di Spoleto. A comunicarmi la notizia è stato Paolo Dorigo, compagno rivoluzionario vittima di tortura tecnologica, il quale sarebbe stato convocato dalla polizia nella sua città, Mira, per conto della procura di Spoleto, che indaga per presunta diffamazione da parte mia nei confronti del servo dello Stato.
Nei miei confronti non è stato ancora formalizzato nulla, ma sono partiti già e partiranno ancora numerosi interrogatori di “persone informate sui fatti”, come dice il gergo giuridico, ovvero di persone che hanno dato diffusione al mio comunicato sulla perquisizione, sulle violenze e sulle minacce degli sbirri spoletini, in modo da indebolire il fronte della solidarietà e insabbiare la vicenda.
Riepilogo i fatti: la notte tra il 14 e il 15 marzo, all’1,40, il Maresciallo Biagioli, con gli scagnozzi Venanzi e Mariucci, si introducevano senza mandato e senza alcuna autorizzazione nella mia casa. Per giustificare questa sgradita visita i Carabinieri utilizzarono l’articolo 103, il solo che ti permette di fare una perquisizione senza mandato, in quanto “vi era fondato motivo che potessero essere trovate sostanze stupefacenti o psicotrope” e vi era un’urgenza tale da “non poter avvertire tempestivamente l’autorità giudiziaria”. Si trattava chiaramente di una pagliacciata, dato che questa droga veniva cercata nel mio computer, nei giornali e nei volantini anarchici e nelle pagine dei miei libri, mentre ad esempio non mi fecero neanche vuotare le tasche.
Nell’occasione mi venne brevemente sequestrata la Carta d’Identità e gli sbirri mi dissero di seguirli in caserma così da verbalizzare la perquisa e riprendere il documento. In questo modo sono stato costretto ad andare in caserma, dato che i documenti mi servivano e avevo assolutamente intenzione di prendere possesso del verbale della loro irruzione, ma in caserma ci sono andato con la mia macchina, così che potesse per tutti essere chiaro che non si trattava di un fermo. Non solo, fino al momento in cui dovevo firmare il breve verbale, in cui si dichiarava l’esisto ovviamente negativo del loro finto blitz, tutto si è svolto molto tranquillamente.
Appena firmato, invece è incominciata la “festa”: Biagioli ha fatto un segno a Mariucci e in un istante la porta della stanza in cui mi trovavo è stata chiusa a chiave, mi è stato preso il cellulare per evitare registrazioni e sono cominciate le violenze. Biagioli ha esordito dicendo che sono un “pezzo di merda”, che devo stare attento a ciò che scrivo e a ciò che faccio; ha continuato dicendo che dato che sono anarchico e odio lo Stato e i Carabinieri, al prossimo incedente stradale nessuno mi sarebbe venuto a salvare la vita (avevo avuto a dicembre un incidente molto grave), che se appena uscivo dalla caserma qualcuno mi avresse massacrato di botte e preso a coltellate loro non sarebbero intervenuti, che mi avrebbe spaccato la testa lui stesso se non fosse stato un padre di famiglia. L’unica cosa che riuscii a dire, prima di essere azzittito con uno schiaffo, fu di domandare cosa c’entrassero le sue affermazioni con la droga, che se bisognava parlare di stupefacenti era un conto, se bisognava parlare di politica era un altro, e io di politica con i carabinieri non parlo. Il “bravo padre di famiglia”, ha poi continuato strappandomi gli occhiali e gettandoli sul tavolo, premendomi il palmo rigido della mano sulla faccia, prendendo le misure e simulando di spaccarmi il cranio, prendere gli occhi, lo zigomo e la bocca, come lui stesso si è vantato di saper fare con un colpo solo, evidentemente era un esperto. Poi ha ricominciato ad essere gentile, come se nulla fosse successo, augurandosi che la storia finisse li.
Per me invece non è finita affatto li e appena sono tornato a casa ho scritto un comunicato in cui parlavo della perquisizioni e minacce subite. Ho ricevuto moltissima solidarietà e ringrazio tutti di cuore. Aggiungo che il 23 marzo è stato fatto un controllo in Procura e allora era stato trasmesso solo il verbale delle perquisizione, mentre non c’era nessuna relazione su quale fosse questo “fondato motivo di trovare sostanze stupefacenti o psicotrope” o quale fosse l’urgenza tale da “non avvertire tempestivamente l’autorità giudiziaria”; insomma neanche dopo una settimana il “bravo padre di famiglia Biagioli”, aveva avuto il tempo di inventarsi il motivo della sua perquisizione urgente.
Preciso che non ho fatto denuncia, ma mi sono solo limitato a diffondere la notizia a compagni e conoscenti, perché sono anarchico e non ho nessuna fiducia nella loro giustizia. Ma ora che è stato Biagioli a denunciarmi le cose si mettono diversamente. La scarsa intelligenza dei Carabinieri, come ci insegnano quella straordinaria fonte di coscienza popolare che sono le barzellette, è venuta ancora una volta a galla. Il maresciallo Biagioli poteva rimanere a fare il “bravo padre di famiglia”, sapendo che da parte dei giornali e organi di informazione di regime non si sarebbe mai parlato di questa faccenda. Sia chiaro: se ci sarà un processo, faremo di tutto per creare il massimo di casino mediatico. Non solo, il fatto che l’episodio del 15 marzo sia il solo noto, non significa che è il solo episodio, diciamo per ora, “irregolare” dei carramba di Spoleto e del maresciallo Biagioli in particolare, anche su questi casi la mia intenzione è di gettare più fango possibile su questa gente.
Perché non ricordare la “maxi operazione” della scorsa estate dove sono state perquisite le case di decine di minorenni per ritrovare solo pochissimi grammi di fumo, ma in compenso rovinare queste persone davanti alle loro famiglie? Perché non ricordare la morte della giovane extra comunitaria che per scappare dai Carabinieri poiché clandestina, così ci hanno raccontato, si sarebbe lanciata dalla finestra di casa?
Il processo si può anche fare, si può anche perdere, anzi si perderà probabilmente, dato il modo con cui funziona la loro giustizia… Quello che conta è che passi il messaggio, culturale prima che politico, che ogni qual volta queste canaglie si permettono di introdursi nella nostra esistenza, anche se ci tolgono un solo capello, bisogna fare il possibile per rovinargli vita e carriera.
Unico problema sono i soldi, che certamente mancano, ma già molti compagni si sono messi a disposizione per cercare di aiutarmi.

Michele Fabiani

 
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Ombra sul molo
view post Posted on 21/6/2007, 09:51




Fonte ansa.

ROMA - Il capo della Polizia, Gianni De Gennaro, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Genova nell'ambito dell'inchiesta sul G8. A quanto si é appreso da fonti ufficiose ma autorevoli, l'iscrizione, alcuni giorni fa, sarebbe stata fatta per l'ipotesi di reato di istigazione alla falsa testimonianza. Non si e' appresa la data esatta dell'iscrizione nel registro degli indagati del prefetto De Gennaro, che sarebbe pero' di poco precedente o immediatamente successiva alla deposizione del numero due del reparto mobile di Roma, Fournier, sulla ''macelleria messicana'' alla scuola Diaz. La decisione della magistratura genovese, comunicata con avviso di garanzia al capo della Polizia, sarebbe stata motivo dell' accelerazione della volonta' politica di procedere a quell'avvicendamento alla guida del Dipartimento di pubblica sicurezza che era stato ipotizzato da tempo.

G8: CAPO POLIZIA INDAGATO, GLI SVILUPPI DEL PROCESSO DIAZ
GENOVA - La svolta nel processo per la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz, durante il G8, che procedeva sonnacchioso e senza colpi di scena, si e' avuta il 13 giugno con le dichiarazioni del vicequestore romano, Michelangelo Fournier, uno dei 29 poliziotti imputati. Fournier, all'epoca del G8, era il vice di Vincenzo Canterini, comandante del Settimo Nucleo antisommossa del primo Reparto mobile di Roma, a sua volta imputato di lesioni a carico dei manifestanti insieme a otto capi squadra dello stesso reparto. ''Fu un intervento alla cieca - racconto' Fournier - e quello che vidi sembrava una macelleria messicana''. E per la prima volta, dopo sei anni, Fournier confesso' davanti ai giudici del tribunale di aver visto ''agenti di polizia, non pero' del mio reparto, che picchiavano manifestanti inermi''. Le dichiarazioni di Fournier contro i ''picchiatori della polizia'', e prima ancora di Francesco Colucci, all'epoca questore di Genova il quale disse come teste di essersi sentito un ''convitato di pietra'' dopo l'arrivo a Genova del prefetto Arnaldo La Barbera, inviato dal capo della polizia De Gennaro, avrebbero determinato nella pubblica accusa la decisione di scrivere nel registro degli indagati anche il capo della polizia per istigazione alla falsa testimonianza. Dalla sinistra piu' radicale, dopo queste dichiarazioni, vennero nuovamente avanzate le richieste di dimissioni per De Gennaro e la costituzione di una commissione d'inchiesta. Intanto in procura si discuteva se iscrivere o meno De Gennaro nel registro degli indagati.


G8: CAPO POLIZIA INDAGATO, LE DICHIARAZIONI DI COLUCCI TESTE
GENOVA - L'ex questore di Genova, Francesco Colucci, dopo le dichiarazioni rese come teste il 3 maggio scorso nel corso del processo per la sanguinosa irruzione della polizia nella scuola Diaz, venne indagato dalla Procura per falsa testimonianza. La novita' che Colucci racconto' in tribunale fu che a coordinare l'irruzione dei poliziotti nella scuola, era stato Lorenzo Murgolo, all'epoca del G8 vicequestore vicario di Bologna. Murgolo, secondo Colucci, venne indicato dallo stesso Ansoino Andreassi, vicecapo della polizia, quale coordinatore e responsabile dell'ordine pubblico, con funzioni anche di polizia giudiziaria. Andreassi era il dirigente di polizia con il grado piu' alto in quei giorni a Genova, con il prefetto Arnaldo La Barbera. Alla luce di questa rivelazione, venuta a distanza di sei anni dai fatti, i difensori commentarono che il processo era acefalo, in quanto a rispondere di quei fatti erano funzionari dirigenti che non avevano la responsabilita' dell'irruzione.
 
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Pitote
view post Posted on 22/6/2007, 07:50




24ORE - CRONACA


Blitz antipedofilia in dieci regioni
arresti e denunce, coinvolte forze dell'ordine


VENEZIA - Diverse persone arrestate in flagranza di reato, una ventina denunciate fra cui alcune appartenenti alle forze dell'ordine: è il primo bilancio di un blitz anti pedopornografia online, ancora in corso, del compartimento della polizia postale di Venezia.

Un centinaio di agenti, coordinati dal pm veneziano Giovanni Zorzi, stanno operando tra Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Friuli Venezia Giulia, Sicilia, Toscana, Abruzzo, Veneto e Piemonte.

Nell'operazione, denominata 'Taras' take over', sono stati finora sequestrati decine di computer e centinaia di supporti informatici oltre a materiale di pornografia minorile. Il blitz è stato possibile dopo mesi di indagini durante le quali gli agenti, sotto copertura, fingendosi pedofili, hanno contattato centinaia di utenti su internet venendo tra l'altro in possesso di materiale avente come protagonisti bambini, anche di pochi mesi, costretti a subire violenze sessuali da adulti o da altri minori.
(22-06-2007)
 
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236 replies since 8/6/2007, 14:00   12986 views
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