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Pitote
view post Posted on 18/6/2007, 16:03 by: Pitote




18 giugno 2007
Torture alle br, la polizia
replica: fatti già giudicati

Arriva, a distanza di tre giorni, la prima replica ufficiale della polizia di Stato, per bocca del responsabile dell’ufficio stampa Mario Viola. MATTEO INDICE

«L’Amministrazione non aveva la titolarità ad aprire un’inchiesta interna, per il semplice fatto che su quella storia si era già pronunciata l’autorità giudiziaria. Ci sono stati processi di ogni grado, condanne, assoluzioni, sentenze motivate che hanno permesso di scandagliare in profondità la vicenda delle torture ai brigatisti negli anni di piombo. È vero che dei “cinque dell’Ave Maria” forse non si è mai parlato nello specifico; ma si dice sempre che le forze dell’ordine debbono attenersi scrupolosamente al dettato della magistratura. E questo è stato fatto, davanti alle lettere che in modo generico rievocavano quel periodo».

Arriva, a distanza di tre giorni, la prima replica ufficiale della polizia di Stato, per bocca del responsabile dell’ufficio stampa Mario Viola. Dopo uno stretto consulto con il capo Gianni De Gennaro, Viola risponde, commenta le rivelazioni di Salvatore Genova, che a poche ore dalla deposizione di Michelangelo Fournier sul G8 («Alla Diaz scene da macelleria messicana») è uscito allo scoperto accostando l’oscurantismo sui pestaggi del luglio 2001 a un’altra pagina oscura della storia d’Italia: le sevizie ai terroristi arrestati nel 1982 per il sequestro Dozier, e più in generale i soprusi «sistematici» messi in pratica da una squadra parallela gestita dai vertici dell’Ucigos, e denominata “I cinque dell’Ave Maria”.

Genova, che all’epoca era commissario della Digos del capoluogo ligure “aggregato” all’Ucigos e partecipò direttamente alla liberazione del militare Usa, è stato indagato per quei fatti, ma mai processato poiché nel frattempo eletto alla Camera nelle liste del Partito socialdemocratico.

«Oggi come allora - dice - occorre fare chiarezza sulla presenza di gruppi occulti e gestiti da una cerchia ristretta di potenti; ma purtroppo negli ultimi anni nessuno ha risposto alle mie sollecitazioni, alle numerose lettere “riservate” nelle quali richiamavo sulla necessità di identificare i veri responsabili».

Il punto, insomma, non sarebbe acclarare la pratica della tortura nel singolo caso Dozier, ma alzare il velo sulla presenza d’un nucleo ristretto - i “cinque”, appunto - che si muoveva impunemente da Nord a Sud sotto la copertura del ministero, che agì prima e dopo il rapimento del generale americano e del quale nessun funzionario ha mai osato far cenno fino ad oggi.

«Non si capisce perché - recita la nota in arrivo da Roma - il dottor Genova scelga per il suo “outing” il periodo che precede immediatamente la pensione. Se crede ci siano spunti investigativi nuovi li può fornire alle procure venete che si occuparono del caso».

E c’è un altro aspetto sul quale lo staff di De Gennaro intende soffermarsi. Nell’edizione di ieri del Secolo XIX, nel titolo di prima pagina in cui si segnalavano i servizi sulle dichiarazioni del superpoliziotto, era riportata la frase “De Gennaro sapeva tutto sulle torture”.

Ebbene, il riferimento era a una lettera del 14 luglio 2004 - ne pubblichiamo qui sopra uno stralcio - nella quale ancora Genova rievocava (sommariamente) la questione delle sevizie chiedendo d’essere «riabilitato poiché estraneo alla “squadretta torturatori” (certificandone così l’esistenza, ndr)».

È l’unica lettera, quella, in cui si rivolge direttamente al capo della polizia, De Gennaro. «Proprio per il fatto che le denunce erano note - insistono dalla capitale - e sono state oggetto di interminabili dibattimenti da parte di un tribunale, è palese che pure De Gennaro ne fosse a conoscenza.

Ma sarebbe errato “forzare” i concetti, attribuendogli una sorta di mancato approfondimento di episodi avvenuti oltre 22 anni fa, sui quali hanno deliberato giudici dello Stato. Senza dimenticare che ogni accostamento al G8 è frutto di pura suggestione».

Insiste, Mario Viola: «In molte occasioni le informative erano indirizzate al Dipartimento della pubblica sicurezza, alla segreteria ed è probabile che lì si siano fermate e lì siano state gestite».

Esistono però punti importanti, sui quali riflettere, almeno un passaggio chiave di uno degli scritti di Genova che chiarisce l’importanza e il peso delle sue dichiarazioni - fondamentali per capire il clima dell’epoca e le ripercussioni che fatti avvenuti a distanza di molti anni possono avere sulla gestione attuale della polizia - a prescindere dalla molla che le ha originate.

In un documento inoltrato «al ministero dell’Interno» il 26 luglio 2004, l’attuale dirigente della Polfer ligure scrive poche righe, eloquenti: «...ricordo che gli alti gradi ministeriali dell’epoca mi avevano promesso, sia per la mia attività operativa che per aver opposto un invalicabile muro alla pressante azione della magistratura, evitando loro gravi conseguenze sul piano della carriera e della stessa libertà personale, una promozione straordinaria e vari riconoscimenti».

Genova insiste, adesso: «Io dal procedimento penale sono uscito, ma quella storia non è stata chiarita per nulla. Non ci si può fermare alla condanna di pochi per fatti episodici. Le torture erano una componente “strutturale” dell’attività dell’Ucigos e le logiche di potere esistono oggi come allora. Perciò potrei chiedere di essere riascoltato dai giudici veronesi».
 
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